La Costituzione a fondamento di un impegno per la Comunità

Appunti inerenti la lezione tenuta dal prof. Filippo Pizzolato, Università degli Studi di Milano Bicocca, a Brembate il 21 novembre 2013 


La Costituzione è un limite per chi sta la potere. È sì divisa in due parti (nella prima si parla dei valori e nella seconda dell’organizzazione), ma le due parti sono un tutt’uno. Quando si sente dire che il governo intende modificare solo la seconda parte, occorre fare molta attenzione perché la prima parte viene lasciata inalterata solo apparentemente.
È in questo senso che i cittadini devono essere i cani da guardia del potere: impedire che chi ha il potere mossa modificare la costituzione a colpi di maggioranza. La costituzione la si modifica con larghissime intese (tutti o quasi occorre essere d’accordo).
La Costituzione è un patto tra le generazioni. La nostra Costituzione ha 65 anni e viene definita da più parti “vecchia”. Ma se guardiamo intorno possiamo notare come quella statunitense abbia 200 anni e quella inglese abbia radici addirittura nel medioevo. Quindi la Costituzione italiana, con le debite proporzioni, può essere classificata in età adolescenziale. Se qualcosa non va è perché non le è stata “data carne”, non perché è vecchia…
Naturalmente a volte appare difficile metterla in pratica, ma occorre ricordare che la democrazia non è il regime delle semplificazioni.
Dopo l’esperienza fascista, in cui l’uomo è in funzione dello Stato, i padri costituenti ribaltano il rapporto e lo Stato diventa una funzione dell’uomo. Quando l’uomo non è visto come se stesso, ma parte di un tutto, siamo sempre in presenza di un regime totalitario.
Davanti ai nostri padri costituenti che si accingono a riscrivere la Costituzione ci sono i grandi modelli liberali, ma la concezione liberale non viene abbracciata totalmente. Nella concezione liberale, infatti, tutto nasce dalla concezione di individuo (si pensi all’illuminismo): l’uomo nasce per sua natura titolare di alcuni diritti naturali e quando entra in società (nello Stato) lo fa solo ed esclusivamente per tutelare meglio questi diritti (libertà, uguaglianza, indipendenza). Nella visione di Hobbes, l’uomo è un fungo: tutti nascono uguali. Quindi nella concezione liberale, in origine c’è la libertà e l’uomo, che nasce libero per sua natura e senza limiti, entra in rapporto con gli altri creando una società solo se lo Stato, mediante un contratto sociale garantisce meglio questi diritti.
Ma cosa c’è che non va per i padri costituenti in questa impostazione? Vedono i limiti (avendo 50 anni di esperienza in più) nella concezione di uomo. L’uomo è relazione, non solo libertà. Il bambino, se non c’è relazione, muore subito. Le condizioni in cui l’uomo nasce non sono tutte uguali ed è un dato concreto dell’esperienza umana che, se ci va bene, diventiamo liberi ed uguali (e la cosa non è per nulla scontata, come invece si intende nella concezione liberale).
L’articolo 3 recita che la Repubblica “rimuove gli ostacoli” affinché tutti siamo uguali e questa uguaglianza viene per così dire “costruita” in varie tappe. La prima è sen’altro la famiglia (art. 29) che deve essere l’ambiente di relazione paritaria tra i coniugi. Per famiglia la Costituzione intende quella fondata sul matrimonio perché gli vuole dare un rilievo pubblico. Altro luogo è sen’altro la scuola (art. 53), ma anche il lavoro, l’impresa, le autonomie territoriali, i partiti e i sindacati, ecc.
Con l’art. 2 si afferma che i diritti inviolabili dell’uomo sono legati a doppio filo con i doveri inderogabili di solidarietà (dei genitori, degli insegnanti, ecc.) perché è proprio è proprio la solidarietà ricevuta che deve essere restituita mediante il lavoro (art. 4) che è un diritto, ma anche un dovere.
Il diritto di cittadinanza, in tal senso, è certamente da rivedere: sono cittadino perché lavoro, non solo perché sono nato da madre o padre italiano.
La libertà quindi mi viene dall’altro, dalla relazione con l’altro e in tale concezione l’uomo appare connotato da un’intrinseca debolezza, non dalla libertà: l’uomo per sua natura è dipendente dagli altri. La reale natura dell’uomo, pertanto, non si manifesta nel momento in cui tutto va bene, ma nel momento del bisogno. Infatti, il grado di civiltà di un paese lo si può valutare guardando la condizione del più debole.
Lo Stato sociale quindi si prende carico del più debole, del bisognoso, che è meritevole di cure perché è proprio lì che risiede la vera umanità.
Articolo 1 comma due afferma che la sovranità appartiene al popolo, ma non si definisce cosa è popolo e nessuno può dire “io sono il popolo”. Il popolo è sovrano non solo quando si va a votare, ma anche e soprattutto nel lavoro. Unico messo fuori dal popolo è il Partito fascista.
Ricapitolando, il punto di vista da cui si è scritta la Costituzione è quello del più debole, che soffre, non certo di chi ha il potere.

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Seguono alcune domande

Modifica del titolo V della Costituzione del 2001
Critico nel modo (da quest’anno nasce il vizio di cambiare la Costituzione basandosi su punti di forza parlamentare). Le riforme che partono dal governo andrebbero sempre bloccate perché sono sempre pericolose (si cambierebbe il punto di vista). Attenzione: non è la vicinanza che fa una cosa migliore, ma è la partecipazione.

Matrimoni di fatto e di omosessuali
Sentenza della Corte costituzionale 138/2008 afferma che le copie omosessuali non sono uguali a quelle fondate sul matrimonio, ma afferma che sono luoghi in cui nascono relazioni e quindi si dovrebbe provvedere a creare uno schema di riconoscimento. La stessa cosa per le copie di fatto, dove la durata è garanzia di stabilità nelle relazioni. Nel ribadire il primato della famiglia fondata sul matrimonio se ne vuole rimarcare il valore laico (non religioso).

Cittadinanza basato solo sullo ius sanguinis e sullo ius soli
Originariamente i padri costituenti hanno posto lo ius sanguinis come parametro per attribuire la cittadinanza perché gli italiani erano un popolo di emigranti (si tendeva ad includere chi partiva per terre lontane). Oggi che siamo un popolo di immigranti questo parametro appare esclusivo e dovrebbe andare rivisto (vedi quanto detto prima sul lavoro).

Articolo 67 sul mandato imperativo dei deputati
L’idea che il parlamentare sia libero di fare quello che vuole è un bene. Purtroppo i partiti politici non sono per nulla democratici e questo ha ingenerato una situazione pericolosa.

Questione del lavoro
La Costituzione dà garanzie perché ci sia lavoro e lo garantisce, ma queste richieste andrebbero inserite in un contesto europeo perché ben il 67% delle leggi sul lavoro provengono dall’Europa. Dire che la crisi dipende dalla globalizzazione e che lo Stato non può far nulla è una grande bufala. Lo stesso articolo 53 (progressività delle imposte) è stato totalmente ribaltato: è stata abolita la tassa di successione, si tassano poco le rendite finanziarie, si tende a fare parti uguali tra diseguali che, come diceva don Milani, è sempre un grande inganno.

Reddito di cittadinanza
La proposta dei 5 Stelle è interessante anche perché c’è un precedente (del 1998) del reddito minimo di inserimento. Solo la Grecia e l’Italia non hanno nessuna previdenza per difendere i più poveri. Attenzione perché si sta generando una situazione drammatica che porta alla guerra tra i poveri (si pensi ai polli di Renzo nei Promessi Sposi) [NdR occorre contrapporre l’idea dei pesci di Nemo che, se nuotano tutti verso il fondo, spezzano la rete e trovano la libertà].
Occorre ricostruire legami orizzontali; il mutualismo nasce in un contesto in cui si ha una forte percezione di debolezza e di essere esposti alla povertà. Con il tempo questo senso è stato perduto e occorre recuperarlo.

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