Come non mettere a rischio la salute del bambino


Aria, acqua, terra: come l’inquinamento condiziona la vita
di Agostino Di Ciaula, Membro ISDE (International Society of Doctor for Environment)

Qualcosa sta rapidamente cambiando nella frequenza di comparsa di alcune malattie.
Nel rapporto 2013 dell’associazione italiana di oncologia medica (“I numeri del cancro in Italia”), in riferimento ai tumori maligni in età adulta si legge: “considerando il rischio cumulativo di avere una diagnosi di qualunque tumore, questa probabilità riguarda un uomo ogni due e una donna ogni tre nel corso della loro vita”.
Prima di essere adulti, quell’“uomo ogni due” e quella “donna ogni tre” sono stati bambini, e hanno iniziato a subire le conseguenze delle sostanze tossiche presenti nell’ambiente e nell’alimentazione prima ancora di vedere la luce, già durante la vita intra-uterina.
Inoltre, a ben leggere i dati che l’epidemiologia mette a disposizione, si scopre come l’aumento del rischio sanitario per tumore maligno non sia purtroppo caratteristica esclusiva dell’età adulta.
L’incidenza di tumori maligni in età pediatrica e adolescenziale è aumentata in maniera considerevole negli ultimi  vent’anni e la forma più frequente di tumore maligno dell’infanzia è la leucemia, che rappresenta circa un terzo dei casi di tumore maligno insorto tra zero e 14 anni di vita.
I dati epidemiologici ci dicono che in Italia l’incremento dell’incidenza di cancro tra i bambini è circa il doppio della media europea. L’incidenza delle leucemie è addirittura tripla e quella dei linfomi è quadrupla nei bambini italiani, se confrontati con i loro coetanei europei (dati AIRTUM).
Altrettanto preoccupante è l’incremento di alcune malattie pediatriche croniche non tumorali.
Ad esempio, secondo il CDC (Center for Disease Control  and Prevention) la prevalenza globale dell’autismo è aumentata di circa trenta volte tra gli anni ’70 e gli anni 2000: negli anni ’70 era autistico un bambino su 2500, ora è autistico un bambino ogni 88.
Negli ultimi decenni sono aumentati in maniera evidente nei bambini e negli adolescenti i casi di malattia celiaca, di malattie endocrino-metaboliche come il diabete tipo 1 (quello insulino-dipendente), il diabete tipo 2 insorto in età infanto-giovanile e l’obesità infantile.
Qualcosa di diverso dal fato e da mutazioni genetiche occasionali è evidentemente responsabile di quanto sta accadendo ai nostri bambini e molti dei risultati che la ricerca scientifica ci mette a disposizione puntano al ruolo della qualità dell’ambiente in cui viviamo.
Di fatto, siamo parte integrante dell’ambiente e il nostro organismo si modifica con esso.
Le innumerevoli sostanze tossiche che si accumulano nell’aria, nell’acqua, nel terreno, nelle piante, negli animali, si accumulano anche nei tessuti biologici umani e iniziano a compromettere il nostro organismo già appena dopo il concepimento (durante la vita fetale) o addirittura ancora prima, attraverso alterazioni a carico degli ovuli e degli spermatozoi genitoriali.

Abbiamo imparato che il rischio sanitario generato dai tossici ambientali si trasmette dai genitori ai figli, che gli inquinanti attraversano la placenta e che vengono  “somministrati” ai neonati con il latte materno.
Sappiamo che per vari motivi i bambini sono più suscettibili degli adulti all’effetto di sostanze tossiche immesse nell’ambiente e che sono obbligati ad una vera e propria lenta “intossicazione” involontaria che li accompagna nella crescita e nello sviluppo, sempre più spesso alterandolo.
Sappiamo, ad esempio, che leucemie e linfomi possono essere causati, anche in età pediatrica, dal traffico veicolare, da una serie di ben note emissioni inquinanti di origine industriale, da sostanze radioattive e dall’inquinamento elettromagnetico.
Nonostante questo, continuiamo a tollerare città intasate da veicoli a motore, impianti industriali (spesso inutili) realizzati e operativi a poca distanza dalle abitazioni, da scuole e asili, concentrazioni peri- colose di sostanze tossiche di ogni tipo nell’aria, nell’acqua e nel cibo.
Continuiamo a fare riferimento a “limiti di legge” privi di qualunque fondamento scientifico, in grado di tutelare gli inquinatori ma non chi è esposto  ai tossici da loro prodotti.
Nel nostro Paese lo studio “Sentieri”, condotto dall’Istituto Superiore di Sanità, ha valutato la mortalità nelle popolazioni residenti nei territori limitrofi ai “SIN” (siti di interesse nazionale per le bonifiche), aree estremamente inquinate da insediamenti industriali di ogni tipo.
I risultati dello studio hanno confermato lo stretto legame tra inquinamento ambientale e insorgenza di cancro sia negli adulti che nei bambini.
In particolare, in 23 di questi siti sono stati registrati in 10 anni 1127 casi di tumore maligno in età pediatrica (Fonte: Iavarone et al, atti convegno AIRTUM 2014).
Nonostante le evidenze scientifiche ed epidemiologiche disponibili, di fatto nessuno dei SIN è stato sino ad oggi completamente bonificato, determinando una intollerabile persistenza del rischio sanitario per chiunque ci viva (attualmente circa 6 milioni di italiani).
Evidenze scientifiche sempre più consolidate dimostrano ben definite relazioni causali tra specifici inquinanti e tutte quelle patologie non tumorali (autismo e disturbi neuro-cognitivi, malattie endocrine, obesità infantile, celiachia, diabete tipo 1 e 2) che stanno avendo un incremento impressionante in età pediatrica.
È triste dover constatare come il cosiddetto mondo civilizzato, il nostro mondo, sia capace di aggredire in maniera a volte spietata la sua ricchezza fondamentale,  i bambini.
Invece di difenderli, proteggerli, tutelarli, sembra si faccia il possibile per rendergli la vita difficile con continui attacchi al loro diritto fondamentale, quello alla salute, con l’aggravante che ciò che per un adulto può essere pericoloso, per un bambino può essere fatale.
Si pensi ai bambini che consumano inconsapevolmente carni o prodotti  vegetali contaminati da diossina o da metalli pesanti di origine industriale.
Si pensi ai bambini del quartiere Tamburi di Taranto, ai quali è stato vietato con una specifica ordinanza Sindacale di giocare nel parco del loro quartiere, perché cadendo possono contaminarsi con la diossina prodotta dall’ILVA.
Si pensi ai bambini nati con malformazioni congenite, perché le loro mamme risiedevano durante la gravidanza in prossimità di un inceneritore o di una discarica.
Si pensi ai bambini con deficit di attenzione e apprendimento causati dal piombo, sostanza tossica che abbiamo eliminato dalle benzine, per poi ritrovarcela nelle emissioni di acciaierie, cementifici e inceneritori.
Si pensi ai gravi deficit intellettivi dovuti ai pesticidi o all’intossicazione cronica con il mercurio prodotto dalla combustione di carbone.
L’elenco e gli esempi potrebbero proseguire ancora a lungo ed è proprio da queste premesse che nasce l’esigenza di offrire consapevolezza dei rischi che i bambini corrono e, per quanto possibile, limitarli o evitarli.
Tutti i bambini dovrebbero avere l’opportunità di vivere in un ambiente salubre, di crescere sani e di diventare protagonisti del proprio futuro.
Questa possibilità è stata oggi sottratta ad un’ampia porzione di adulti, ma è lecito sperare che possa essere ancora valida almeno per i bambini.
La Convenzione sui diritti dei bambini ha visto la luce nel 1989 ed è il trattato maggiormente ratificato nella storia dell’umanità.
Non c’è bisogno di pensare ai bambini protesizzati negli ospedali di Emergency in Afghanistan, ai bambini soldato in Myanmar o a quelli denutriti in Burkina Faso per constatare che, considerato il nostro modello attuale di sviluppo, possiamo ritenere questo splendido documento un monumento all’ipocrisia ed all’impotenza.
I bambini, la parte più vulnerabile e preziosa di una società, sono gli ultimi ai quali si pensa nella maggior parte dei casi in cui si decidono a tavolino i modelli di sviluppo, perché le priorità sono evidentemente altre.
Considerata l’attuale dimensione del problema, è ormai inammissibile non riuscire a comprendere come un Paese che danneggi i bambini, mina le fondamenta della sua stessa sopravvivenza futura.
Lorenzo Tomatis, uno dei fondatori della IARC (agenzia internazionale per la ricerca sul cancro), grande epidemiologo ed esempio umano e professionale da seguire, già molti anni or sono affermava che “le future generazioni non ci perdoneranno il male che stiamo facendo loro” e le continue evidenze scientifiche gli stanno dando sempre più ragione.
Nonostante questo, il “sistema” va avanti trainato dalle esigenze del PIL e procede inesorabilmente sulle macerie dell’etica, del rispetto dei diritti primordiali e calpestando i bambini e le future generazioni.
Forse stiamo riuscendo a ridurre lo spread BTP/bund ma contemporaneamente stiamo aumentando in maniera intollerabile lo spread tra senso etico e disumanità.
Tuttavia, anche a voler ragionare in termini freddamente  e cinicamente economici, è stato calcolato che l’impatto delle patologie infantili causate dall’inquinamento ambientale (considerando solo l’esposizione a piombo, a metilmercurio, l’incremento di disabilità neuro-motorie, l’asma e il cancro), ammonta in Europa (in media) a circa 71 miliardi di dollari l’anno (Bartlett et al, Eur j Public Health 2014;1:21).
Le indicazioni per la riduzione del rischio fornite nelle pagine seguenti sono di certo una goccia nel mare ma è tutto quello che un medico possa indicare e che un genitore possa fare.
Non dobbiamo dimenticare che se l’informazione, la diagnosi, la terapia e la prevenzione secondaria sono obbligo dei medici, la prevenzione primaria (rimuovere le cause che determinano l’insorgenza delle patologie per evitarle) è compito e obbligo della politica. 
Sarebbe auspicabile che ognuno rispettasse i propri ruoli e doveri. Sono i nostri figli a chiedercelo.

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