Alzatevi in piedi. Leggetele in piedi, queste righe, se volete sapere cosa si prova ad assistere a un dibattito pubblico sulla riforma della Costituzione. Un incontro organizzato a Savona dal comitato per il No. Leggetele in piedi o seduti per terra, su un tappeto colorato come quelli che i militanti hanno srotolato ieri sul lastricato di Corso Italia, in ossequio al divieto del Comune che nega le sedie a chi vuole assistere ai dibattiti – autorizzati – sui rischi che si corrono votando sì a queste riforme.
Essendo l’unica seduta davanti a decine di persone sdraiate a terra o lasciate in piedi – con Maria Gabriella Branca, anche lei relatrice – sono stata sintetica.
Più che convincere chi come me è contrario a questa riforma perché contrario all’idea che la governabilità, il risparmio, l’efficienza e gli altri eufemismi con i quali i fautori delle riforme propagandano la concentrazione del potere nelle mani di pochissimi votati da pochi siano valori da perseguire e non invece minacce per la democrazia, più che convincere quelli come me ho cercato di convincere quelli che la pensano all’opposto di me. Quelli che pensano che si debbano tagliare i costi della politica, tagliare i politici, eliminare i piccoli partiti e rendere più rapido il procedimento legislativo. Convincerli è facilissimo, perché questa riforma fa l’opposto di quel che promette: non elimina il Senato ma elimina la possibilità di eleggere i senatori; non assicura la governabilità poiché il fatto che sia solo una Camera a dare la fiducia non è affatto garanzia di stabilità dei governi (nell’Italia prefascista, quando solo la Camera votava la fiducia all’esecutivo, in 64 anni si sono succeduti 61 governi); non taglia i costi della politica (il ministro Boschi assicurava 500 milioni di risparmio. La Ragioneria dello Stato, che fa i conti per conto del ministro, ha fatto notare che il ministro aveva aggiunto uno zero di troppo), senza contare i costi per la giustizia amministrativa derivanti dai conflitti di attribuzione che la riforma solleva, con conseguente allungamento dei tempi di approvazione delle leggi. Questa riforma delude principalmente chi è d’accordo con i principi che l’hanno ispirata. Il taglio dei costi, la riduzione dei tempi, le promesse mancate furbescamente inserite nel quesito del referendum (Renzi assicura il contrario: “Non è vero che il quesito è una pubblicità ingannevole!”, si è difeso, mostrando la scheda elettorale. Dopo averla recuperata nello spam). Fatto, potete sedervi.
Francesca Fornario, Il Fatto Quotidiano, 30 Settembre 2016
Essendo l’unica seduta davanti a decine di persone sdraiate a terra o lasciate in piedi – con Maria Gabriella Branca, anche lei relatrice – sono stata sintetica.
Più che convincere chi come me è contrario a questa riforma perché contrario all’idea che la governabilità, il risparmio, l’efficienza e gli altri eufemismi con i quali i fautori delle riforme propagandano la concentrazione del potere nelle mani di pochissimi votati da pochi siano valori da perseguire e non invece minacce per la democrazia, più che convincere quelli come me ho cercato di convincere quelli che la pensano all’opposto di me. Quelli che pensano che si debbano tagliare i costi della politica, tagliare i politici, eliminare i piccoli partiti e rendere più rapido il procedimento legislativo. Convincerli è facilissimo, perché questa riforma fa l’opposto di quel che promette: non elimina il Senato ma elimina la possibilità di eleggere i senatori; non assicura la governabilità poiché il fatto che sia solo una Camera a dare la fiducia non è affatto garanzia di stabilità dei governi (nell’Italia prefascista, quando solo la Camera votava la fiducia all’esecutivo, in 64 anni si sono succeduti 61 governi); non taglia i costi della politica (il ministro Boschi assicurava 500 milioni di risparmio. La Ragioneria dello Stato, che fa i conti per conto del ministro, ha fatto notare che il ministro aveva aggiunto uno zero di troppo), senza contare i costi per la giustizia amministrativa derivanti dai conflitti di attribuzione che la riforma solleva, con conseguente allungamento dei tempi di approvazione delle leggi. Questa riforma delude principalmente chi è d’accordo con i principi che l’hanno ispirata. Il taglio dei costi, la riduzione dei tempi, le promesse mancate furbescamente inserite nel quesito del referendum (Renzi assicura il contrario: “Non è vero che il quesito è una pubblicità ingannevole!”, si è difeso, mostrando la scheda elettorale. Dopo averla recuperata nello spam). Fatto, potete sedervi.
Francesca Fornario, Il Fatto Quotidiano, 30 Settembre 2016
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