CONSIDERAZIONI (E DATI DI FATTO) SU GESTIONE RIFIUTI REGIONALE E RESPONSABILITA’ DEI TERRITORI
Ci sono una serie di dati oggettivi che impongono una seria riflessione sugli effetti che si sono creati nel passaggio dalla pianificazione provinciale a quella regionale in materia di rifiuti che (sulla carta) si pone l’obiettivo ridurre al minimo il ricorso allo smaltimento in discarica o in inceneritori nella regione Emilia-Romagna.
La recente querelle innescata dalla richiesta della regione di incrementare per gli ultimi 2 mesi del 2016 la potenzialità dell’inceneritore di Parma da 130.000 a 160.000 tonnellate è sostanzialmente figlia di un ritardo nell’implementazione di politiche efficaci di raccolta differenziata negli altri territori, con particolare riferimento all’area emiliana.
Quello che sta accadendo (e che noi avevamo già previsto in sede di osservazioni al PRGR) è la de-responsabilizzazione dei territori che non hanno impianti impattanti sul proprio territorio che di fatto si trovano a dover rispettare obiettivi di piano sfidanti ma ampiamente raggiungibili anche nelle grandi città (come ha dimostrato il percorso fatto fin qui da Parma), ma su cui non pende nessun obbligo o sanzione in caso di inerzia nell’attivare i sistemi di raccolta differenziata porta a porta e tariffazione puntuale previsti dai piani d’ambito.
Considerazioni di comodo, eccessiva prudenza, scadenze elettorali possono influire sui decisori politici che devono attivare i processi necessari a ridurre l’impatto ambientale in materia di rifiuti come è ormai richiesto a tutti i livelli (regionale, nazionale ed europeo) con però l’ultima parola che spetta agli amministratori dei Comuni che diventano così l’anello debole della catena di un Piano Regionale rifiuti che ha obiettivi ambiziosi se per qualche motivo non si attivano in questo senso.
A Parma, non solo nel capoluogo ma in gran parte dei comuni della provincia, questa responsabilità ce la siamo presa tant’è che siamo indiscutibilmente il territorio con i più alti livelli di raccolta differenziata e con il minimo residuo procapite a smaltimento dell’intera regione e tutto questo senza ricevere incentivi una tantum come invece è accaduto in altre province.
Per queste ragioni ci siamo opposti alla richiesta della Regione di incremento della capacità dell’inceneritore di Parma che peraltro era stata fissata non più tardi del febbraio scorso in sede di rinnovo AIA. Vi sono, a sostegno di questa tesi, una serie di dati oggettivi che qui riassumo:
- Parma produce la metà dei rifiuti indifferenziati di Reggio e molto meno della metà di quelli di Piacenza (dati ARPA 2015 per i capoluoghi: Parma 139 kg/ab/anno, Reggio 281, Piacenza 310).
- Tra il 2014 ed il 2015 l’unica città capoluogo ad aver ridotto i conferimenti del residuo da raccolta differenziata è stata Parma (Dati ARPA a confronto 2014 vs 2015: Parma -15%, Reggio + 1%, Piacenza + 0,4%)
- Quando Parma era senza impianti e mandava i rifiuti a Reggio pagavamo il doppio di quanto pagassero i reggiani per mandare in discarica, ora Reggio per conferire residuo all’inceneritore di Parma paga la stessa tariffa che pagano i parmigiani (Dati PEF approvati da Ato 2010: 161 Euro/ton tariffa di Parma; 82 Euro tariffa di Reggio. Nel PEF 2016 Reggio e Parma pagano la stessa tariffa di 134 Euro di accesso all’inceneritore di Parma con le tariffe regolate da Atersir).
- Il porta a porta annunciato da Reggio parte in ritardo (novembre 2016 dopo più di due anni dall’inizio del mandato), è fatto su sole 2 frazioni (organico e residuo) con un sistema che di fatto non permette grandi performance. I dati di letteratura dimostrano che mantenendo i cassonetti stradali di carta e plastica si generano inquinamento delle frazioni differenziate, alti livelli di scarti e mancato decremento della produzione complessiva di rifiuti che in quel territorio è già elevata (Dati ARPA 2015 rifiuto urbano totale procapite: Parma 540 kg, Piacenza 728 kg, Reggio Emilia 703 kg)
- A Piacenza non si hanno notizie di avvio di percorsi virtuosi e cambiamento degli attuali modelli di raccolta che come provano i dati si rivelano inefficaci per raggiungere gli obiettivi del Piano Regionale
- A Parma dopo solo 6 mesi dall’inizio del mandato è stato avviato il porta a porta con un percorso che nell’arco di un’anno e mezzo ha completato l’estensione su tutto il territorio cittadino ed implementata la tariffazione puntuale nel luglio 2015. Anche in ragione di questo processo con recente analisi evidenziata da Federconsumatori siamo il territorio dell’area emiliana con le bollette più basse.
Queste considerazioni impongono a mio parere una revisione da parte della Regione delle regole d’ingaggio ed un monitoraggio costante dei flussi in ingresso specificandone altresì la provenienza, responsablizzando i Comuni affinché non ci si trovi l’anno prossimo nelle stesse condizioni in cui ci troviamo oggi ad ottobre 2016 con l’impianto di Parma che a due mesi dalla fine dell’anno ha già esaurito tutta la sua capacità autorizzata.
Se veramente la volontà regionale, come più volte hanno dichiarato dalle parti di via Aldo Moro, è quella di spegnere progressivamente il numero degli inceneritori in Emilia-Romagna, occorre che tutti quanti i territori si impegnino in egual misura per raggiungere quegli obiettivi. Altrimenti resteranno solo buone intenzioni non seguite da fatti concreti.
Gabriele Folli, assessore all'ambiente di Parma
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