La ministra della Pubblica amministrazione Marianna Madia avrà anche copiato la sua tesi di laurea, ma non è l’unica a occupare una posizione di potere con un curriculum discutibile o non in linea con quello che ci si aspetterebbe. Nell’era della meritocrazia come slogan, la capacità di intessere relazioni ha spesso la precedenza sul curriculum.
Si può partire da Giuliano Poletti. Il ministro del Lavoro è un perito agrario: nessuna laurea e una vita divisa tra agricoltura e cooperative. La sua preparazione è stata criticata quanto quella del ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli, sindacalista dagli anni 70 per il settore tessile. Nel suo curriculum online (poi corretto) compariva un “diploma di laurea” mai conseguito. E la maturità? Mistero. Fedeli ha frequentato un corso di tre anni per insegnare nella scuola materna, prima di altri tre di una scuola di scienze sociali.
Tra i diversamente collocati c’è Angelino Alfano, ministro degli Esteri: non solo è laureato in Giurisprudenza, ma la sua è una carriera politica tutta domestica, dal bilancio alla giustizia. Alla Sanità (sin dal 2013) Beatrice Lorenzin annovera il solo diploma di maturità classica. Nel suo percorso, però, ci sono esperienze nel sottosegretariato all’Informazione e nelle commissioni sul federalismo fiscale, gli Affari costituzionali e l’infanzia.
Un gradino sotto. Nonostante la lunga carriera politica, il sottosegretario per le Riforme Costituzionali e i rapporti con il Parlamento Luciano Pizzetti ha invece solo il diploma di tecnico industriale mentre il viceministro per le Politiche agricole, Andrea Olivero laureato in lettere, ha dedicato la vita all’associazionismo cattolico. È anche presidente della Fai: non il Fondo per l’ambiente, ma la Federazione Acli Internazionali. Nessuna laurea (se non quella ad honorem in Lettere dall’Università di Leicester) per il viceministro ai trasporti Riccardo Nencini. Su Wikipedia, alla voce “Ha compiuto studi storici” è abbinato un apice che indica il passaggio come “non chiaro”. Idem nella biografia governativa. E se il sottosegretario all’istruzione Angela D’Onghia è un’imprenditrice della moda, ai Beni Culturali c’è Dorina Bianchi: medico specializzato in neuro radiologia, nella sua carriera parlamentare si è occupata di tutt’altro, dalle mafie all’ambiente.
Fuori dai ministeri, le authority. Antonello Soro, garante della privacy, non solo è un dermatologo ma la sua biografia è un susseguirsi di ruoli politici (sindaco, consigliere, deputato, ministro) che poco hanno in comune con la vigilanza tecnica. Al confine, la nomina di Giuseppe Vegasa presidente della Consob, dove ci si sarebbe aspettati una figura accademica indipendente e non un ex deputato. Nomine politiche per le authority, strategiche in altri casi. Come quella del banchiere (plurindagato) Alessandro Profumo alla guida di Leonardo - Finmeccanica per incrementare le commesse.
Restano i nomi finiti negli ingranaggi dello Stato per volere dell’ex premier Matteo Renzi. Sempre in Leonardo risultaFabrizio Landi, oggi consigliere, ma ieri imprenditore biomedico e primo finanziatore di Renzi nel 2012. Alberto Bianchi, presidente della fondazione Open (la cassaforte del renzismo) e noto avvocato fiorentino è invece diventato membro del Cda di Enel nel 2014 mentre Federico Lovadina, avvocato tributarista, è passato dalle aziende fiorentine al consiglio di Ferrovie dello Stato. Gabriele Beni, imprenditore delle scarpe che Renzi indossò per il recupero della Costa Concordia e che ha finanziato Open con 25mila euro, è ancora sub-commissario dell’Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare). E come dimenticare Antonella Manzione? Oggi l’ex capo dei vigili urbani di Firenze è arrivata al Consiglio di Stato mentre l’ingegnere elettrotecnico Roberto Reggi è direttore dell’Agenzia del Demanio dopo un periodo come coordinatore della campagna per le primarie di Renzi.
In fundo, la tv pubblica. Qui, nomina renziana è quella di Guelfo Guelfi: il membro del Cda Rai, nel suo curriculum online, tra le esperienze in comunicazione e pubblicità, non indica neanche un elemento che possa ricondurlo al mondo della televisione.
di Virginia Della Sala
Il Fatto Quotidiano, 2 aprile 2017.
Il Fatto Quotidiano, 2 aprile 2017.
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