Per decidere sul Tav chiedete a Churchill

La città educa l’uomo. Così sosteneva nel Sesto secolo a.C. il poeta greco Simonide. Ma è ancora così? Vi sono in realtà tante ragioni ed esempi per sostenere di no. L’uomo che si educa nella città è il cittadino e il politico di questa città è colui che pensa alle prossime generazioni piuttosto che alle prossime elezioni, come ricordava Churchill. E se pensa alle prossime generazioni non farà spese a debito, se non per investimenti in opere il cui valore sia nettamente superiore al debito contratto per realizzarle. Al contrario, politici il cui orizzonte termina col prossimo voto non avranno timore ad assecondare passioni di breve termine dei loro elettori o interessi privati dei loro sostenitori rispetto all’interesse di lungo termine della città e della cittadinanza.

LA TORINO-LIONE, la cui analisi costi-benefici ha dato risultati pesantemente negativi tanto nella versione internazionalista quanto in quella sovranista, è ottima cartina di tornasole per mostrare come funziona la politica rispetto a come dovrebbe funzionare e come non funziona la cittadinanza che dovrebbe indirizzarla. Se già i costi preventivati, tradizionalmente sottostimati rispetto a quelli che si manifesteranno effettivamente, si dimostrano eccedere di gran lunga i benefici, ancorché ottimisticamente immaginati, dovrebbe esse- re ovvio che l’opera non s’ha da fare. E non s’ha da fare anche se a pagarla non siamo noi contribuenti di oggi ma possiamo tranquillamente mandare il conto in parte all’Unio- ne europea e in parte agli italiani di domani attraverso un aumento ulteriore del debito pubblico.

Solo se ignoriamo gli altri contribuenti europei, se non ci poniamo la domanda del perché mai l’idraulico polacco o il pescatore irlandese dovrebbero contribuire a un’opera che non useranno mai, e se ignoriamo anche i prossimi ere- di italiani del nostro debito pubblico i conti sono in grado di tornare. Così, se politici che non guardano alle prossime generazioni, ma solo alle prossime elezioni, organizzano un bel referendum tra elettori di oggi, dei quali nessuno sostiene costi e alcuni sono in grado di trarre qualche vantaggio, otterranno un plebiscito di sì. Se decide chi non paga e, decidendo, manda il conto a chi non decide, chi mai dovrebbe dire di no? Solo cittadini responsabili guidati da politici responsabili potrebbero farlo.

La Torino-Lione ha una qualche utilità, indubbiamente, pertanto per coloro che non sostengono costi l’analisi personale costi-benefici è presto fatta: i costi sono pari a zero e i benefici maggiori di zero, dunque il saldo è positivo. Ma que- sto è un ragionare in senso opposto tanto all’antico Simonide quanto al più recente Churchill. Se la politica si pone anche, come consiglia il poeta greco, il compito di educare i cittadini deve essere in grado di scandire i no, di spiegare le ragioni dei no e di convincere sulla verità e validità dei no. Se lo avesse fatto nella storia recente del paese è evidente che oggi noi non saremmo un paese in declino.

L’ANALISI costi- benefici di Marco Ponti e colleghi ha un vizio di fondo: ponendosi nell’ottica del benessere collettivo può essere compresa solo in un’ottica di benessere collettivo. Essa presuppone una collettività che la guardi, collettività che potrebbe non sussistere. L’analisi ci dice che nel nostro insieme, di italiani di oggi e di domani, ma anche di europei, l’opera non conviene proprio. L’accoglienza che ha avuto, visibile ogni giorno sulla totalità dei giornali mainstream, è emblematica: chi se ne frega degli europei e degli italiani di domani, oggi a noi non costa nulla e dunque ci conviene farla. Essa è la dimostrazione che Simonide oggi avrebbe torto: la città, di cui i giornali sono la voce, non educa l’uomo. Ma forse la città non esiste oppure è solo un luogo geografico abitato da uomini che non sono anche cittadini, almeno nel senso con cui il poeta li intendeva.

LA SCELTA POLITICA Chi pensa alle prossime generazioni ha il dovere di opporsi a un’opera che conviene solo a coloro che non ne pagano i costi.



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