L'anima anti green del PD




Ansa


È l’ora del green new deal, delle Feste dell’Unità plas tic free, delle marce per l’ambiente. Vecchi e nuovi leader del Pd riscoprono la vocazione ambientalista, sbandierata di recente su Repubblica da Walter Veltroni e rilanciata dal segretario Nicola Zingaretti nella sua Costituente delle Idee. In questa battaglia, però, il Pd deve fare i conti con il suo passato. Gli stessi Verdi, tanto corteggiati ora, negli ultimi anni hanno denunciato enormi abusi ambientali da parte dei dem.
Di questi giorni è il Sì ribadito dal Pd al Tav, considerato fondamentale anche per lo spostamento su rotaia del traffico su gomma. Poco importa che però, come ha spiegato sul Fatto Luca Mercalli, anche qualora ci fossero riduzioni di CO2 si dovrebbe aspettare il 2045, perché per oltre dieci anni di cantiere sono previste – dati forniti dai promotori del progetto – 10 milioni di tonnellate di CO2. Questo senza considerare l’impatto paesaggistico del tunnel, la colata di cemento e il rischio, denunciato dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa, della presenza di amianto.
DAL TRENO alle auto, l’anima green del Pd non cambia. Qualche mese fa, mentre i gialloverdi cercavano un compromesso su un ecobonus per le auto elettriche che non penalizzasse troppo chi acquista un mezzo più inquinante, il Pd si mobilitava. Per l’ambiente? No, in difesa dei grandi colossi dell’auto danneggiati dalla nuova norma. Molto verde anche la posizione sul Tap, il gasdotto che dovrebbe collegare l’Italia al confine greco-turco. Gli ambientalisti cercano da anni di fermare l’opera perché ne lamentano gli effetti sul paesaggio. Quindici persone delle ditte che gestiscono il progetto sono indagate per reati come il deturpamento di bellezze naturali e l’inquinamento di una falda acquifera. Michele Emiliano si lamentava del passaggio del tubo a Melendugno invece che nella zona industriale di Brindisi, “cosa che eviterebbe il passaggio sulla terra per quasi 60 chilometri del gasdotto”. Ma il Pd nazionale ha sempre tirato dritto.
Ancora in Puglia c’è poi la grana Ilva. È a firma del governo Renzi, nel 2015, l’immunità penale per i commissari e per i gestori dello stabilimento, scudo che un anno dopo è allargato ai futuri acquirenti (Arcelor Mittal). Tradotto: nessuno paga per eventuali disastri ambientali.
Del 2016 è poi lo Sblocca Italia, il decreto renziano che stabilisce una serie di norme molto criticate dalle associazioni verdi. Alle attività di “prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi”, per esempio, il decreto riconosce “lo status giuridico di interesse strategico, pubblica utilità e urgenza”. Riconoscimento che facilita le procedure di esproprio e riduce la possibilità di ricorsi regionali, dando il via a trivellazioni in acqua e in mare. Le stesse trivelle difese da Renzi nel referendum del 2016 (sostenuto invece dai Verdi), che chiedeva di bloccare le concessioni per estrarre gas o petrolio da piattaforme offshore, in vigore fino all’esaurimento dei giacimenti. “Se diciamo basta – diceva Renzi – poi compriamo dagli altri? Spero che questo referendum fallisca”.
Di referendum falliti, in effetti, il Pd ne sa qualcosa. Nel 2011 gli italiani hanno votato per dire che la gestione dell’acqua non dovesse finire sul mercato, ma essere pubblica e senza fini di lucro. Peccato che nella scorsa legislatura proprio i vertici del Pd abbiano fatto naufragare a colpi di emendamenti un progetto di legge sull’acqua pubblica firmato da alcuni dem, da Sel e dal M5S.
MOLTO MEGLIO occuparsi di Expo, se non fosse che anche l’esposizione del 2015 a Milano, fatto passare per emblema di sostenibilità che avrebbe regalato a Rho un’area verde, oggi ha lasciato in eredità una landa desolata ancora tutta da bonificare. Sotto terra anche amianto, arsenico e solfati. Ma Beppe Sala, all’epoca commissario unico e ora sindaco di Milano, è sotto il mirino dei Verdi anche per i progetti di cementificazione delle aree degli ex scali ferroviari. Guai anche nel Lazio, dove il governatore Zingaretti sta approvando una versione del Piano Paesaggistico Territoriale Regionale che apre il centro di Roma a nuove opere edilizie senza più il controllo diretto dei Beni culturali. Avanti cemento, dunque. Forse si tratta di un omonimo del segretario Pd.




  • Lorenzo Giarelli, Il Fatto Quotidiano, 

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