Mentre con un salto nel passato, con una fuga dalla sostenibilità e con autoritarismo si decide di realizzare un altro costoso inceneritore (Roma), in letteratura scientifica internazionale si continuano a pubblicare studi che dimostrano la pericolosità di questi impianti. La disponibilità di nuove tecnologie di ricerca ha permesso recentemente di identificare 13 “nuovi” (perché prima ignoti) inquinanti chimici prodotti dagli inceneritori di rifiuti, in grado di avere potenti effetti negativi su recettori nucleari, enzimi metabolici, regolatori ormonali, espressione genica. Gli effetti di 10 di queste sostanze sui recettori degli androgeni (e quindi le possibilità di interferenza endocrina) sono fino a due volte superiori rispetto a quelli della più pericolosa delle diossine, la TCDD (nota anche come “diossina Seveso”). Dieci di queste sostanze sono fino a 4 volte più potenti del benzo(a)pirene sul recettore arilico per gli idrocarburi, un regolatore dell’espressione genica fondamentale per lo sviluppo dell’organismo e per numerosi processi fisiologici. Tutto questo, ovviamente, si somma alle evidenze sulle altre emissioni (ormai ben note), sul bioaccumulo di sostanze tossiche e sugli effetti sanitari subiti da chi vive in prossimità di un inceneritore di rifiuti. Ma si somma anche a quanto già sappiamo sulle emissioni climalteranti, sugli effetti negativi per il ciclo dei rifiuti e, non ultimo, sulle opportunità di lavoro che sarebbero offerte da scelte imprenditoriali più sostenibili. Sino ad ora non è mai stato realizzato un inceneritore sicuro e, al netto della propaganda, i cosiddetti “miglioramenti tecnologici” sono solo inutili tentativi di correggere un’idea sbagliata in partenza e, per questo, da abbandonare.
Agostino Di Ciaula, ISDE Italia
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