E si continua a consumare suolo...


Una dimostrazione plastica dell’inadeguatezza del defunto governo Draghi, culturalmente incapace di comprendere le sfide davvero cruciali del nostro tempo, è andata in scena martedì scorso, durante la presentazione del Rapporto nazionale 2022 dell’ispra sul consumo di suolo. In quell’occasione il ministro Enrico Giovannini ha teorizzato la distinzione tra un consumo di suolo “cattivo” e uno “buono”, indicando quest’ultimo in quello causato da poli logistici che favorissero il trasporto su rotaia invece che su gomma. Come gli ha fatto immediatamente notare Luca Mercalli, non esiste un consumo di suolo buono, proprio come non esistono metastasi tumorali buone in un corpo: quando il suolo è sigillato, è perso per sempre. E le conseguenze sono letali: come vedremo, per l’ennesima volta, quando l’energia accumulata a causa di questo caldo torrido si libererà sotto forma di precipitazioni che un suolo cementificato non saprà assorbire, e che dunque produrranno alluvioni e frane.

I DATI DEL RAPPORTO sono terribili. Dopo la (relativa) pausa pandemica del 2020, il 2021 è stato per il suolo italiano un anno nefasto: sono stati consumati circa due metri quadrati al secondo, cioè 19 ettari al giorno (l’equivalente di 27 campi da calcio), vale a dire il record degli ultimi dieci anni. In più, “la copertura artificiale del suolo è ormai arrivata al 7,13% rispetto alla media Ue del 4,2%”. Il rapporto certifica che da questa peste nessuna porzione di territorio, per quanto pregiata e tutelata, si salva: “Il consumo di suolo è presente all’interno delle aree vincolate per la tutela paesaggistica (+1.270 ettari), entro i 10 km dal mare (+1.353 ettari), in aree a pericolosità idraulica media (+992 ettari), in aree a pericolosità da frana (+371 ettari) e in aree a pericolosità sismica (+2.397 ettari)”.

È il ritratto oggettivo di una comunità nazionale incline, o almeno indifferente, al suicidio. E non solo per quello che rischiamo, ma anche per quello che avremmo potuto avere, e invece così non abbiamo: “Le aree perse in Italia dal 2012 avrebbero garantito la fornitura complessiva di quattro milioni e 150 mila quintali di prodotti agricoli e l’infiltrazione di oltre 360 milioni di metri cubi di acqua di pioggia che ora, scorrendo in superficie, non sono più disponibili per la ricarica delle falde e aggravano la pericolosità idraulica dei nostri territori. Nello stesso periodo, la perdita della capacità di stoccaggio del carbonio di queste aree (oltre tre milioni di tonnellate) equivale, in termini di emissione di CO2, a quanto emetterebbero più di un milione di autovetture con una percorrenza media di 11.200 km l’anno tra il 2012 e il 2020”. Non solo, dunque, continuiamo a bruciare combustibili fossili, ma eliminiamo suolo che potrebbe aiutare a mitigarne le conseguenze, correndo a rotta di collo verso l’innalzamento della temperatura, che poi produce le piogge torrenziali che il suolo non accoglie più: un diabolico circolo vizioso. Di fronte a tutto questo ci sono due strade: comprendere che sigillare anche solo un metro quadro di suolo è un crimine contro l’umanità, e dunque dedicare ogni energia e finanziamento al riuso del costruito; oppure, continuare così, magari con la scusa che il nuovo consumo di suolo permette di produrre energia che permette di alimentare modelli economici meno impattanti. Il ministro Giovannini – che si è invano battuto per inserire nei principi fondamentali della Costituzione la chimera propagandistica dello “sviluppo sostenibile”, autentico cavallo di Troia della prosecuzione del massacro dell’ambiente – rappresenta perfettamente il secondo atteggiamento, che assomiglia molto a un greenwashing dello stato delle cose. La prova sta nel Pnrr concepito dal governo dei Migliori, che passa per essere il progetto del migliore dei mondi possibili. Il rapporto – prodotto da un’agenzia che comunque risponde al governo – parla con imbarazzata diplomazia di una “ridotta attenzione del Pnrr” al consumo di suolo.


IN REALTÀ non si tratta solo di un peccato di omissione (comunque gravissimo, vista la situazione), ma di qualcosa di peggio. Presentando il rapporto, il presidente di Legambiente Stefano Ciafani ha notato che il Pnrr e le misure ad esso collegate favoriranno “una bolla espansiva del consumo di suolo”. Come ha scritto, altrove, il responsabile del rapporto, Michele Munafò, “solo per il fotovoltaico a terra, tra le misure previste all’interno del Pnrr e gli obiettivi del Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec), che probabilmente saranno, tra l’altro, rivisti al rialzo, si stima una perdita compresa tra i 200 e i 400 km2 di aree agricole entro il 2030, a cui aggiungere, secondo Enel (2020), altri 365 km2 destinati a nuovi impianti eolici. Superfici così estese che impatteranno negativamente su diversi servizi ecosistemici del suolo e che lasceranno un’impronta indelebile e significativa sul paesaggio per gli anni futuri”. L’eredità dei Migliori non è la migliore delle eredità.


Tommaso Montanari, Il Fatto Quotidiano, 1 agosto 2022

Commenti