sono conquistate in tanti anni di impeccabile lavoro. E tutti sappiamo con quanta tenacia e fatica Di Pietro sia riuscito a "portare a casa l'onore" dopo le montagne di inchieste, processi, accuse, sospetti che gli hanno rovesciato addosso. Stavolta pare proprio che si debba scegliere o la Gabanelli o Di Pietro. A costo di passare da veltroniano (ma anche) fuori tempo massimo o come si dice a Roma "da paraculo" scelgo tutti e due so bene - soprattutto da quando sono vice direttore de Il fatto- quanto sia difficile controllare la veridicità, l'accuratezza e la precisione di un'inchiesta condotta da un collaboratore, può capitare a tutti di sbagliare, e quando accade, non resta che precisare, rettificare e scusarsi. E' il caso del servizio di Report, tendenzioso e poco preciso su Di Pietro. E' stata data la voce ad alcuni ex dell'IDV col dente avvelenato e fin qui, nulla di male: ciò che conta è se hanno detto la verità o no. E bene hanno ripetuto accuse gravissime a Di Pietro per il presunto uso privato di finanziamenti pubblici, già smentite da diverse sentenze, in cui sono stati condannati a risarcirgli i danni. Ma questo nel servizio non è stato detto. Si è dato spazio ad un presunto perito a proposito di ben 56 proprietà immobiliari della famiglia Di Pietro, mentre basta una visura catastale per scoprire che la cifra di 56 corrisponde alle unità immobiliari della masseria di Montenero di Bisaccia con i terreni annessi, che Di Pietro ha in gran parte ereditato dal padre. Dunque ciò che hanno scritto molti giornali, scambiando addirittura le proprietà in "case" è falso. Di Pietro possiede una casa a Curno nel Bergamasco, un'alloggio a Roma e la masseria di Montenero. Poi c'è la casa di Cristiano, figlio di primo letto, poliziotto e consigliere regionale in Molise: un alloggio diviso in due da una parete in cartongesso intestato ai figli di secondo letto Toto e Anna; uno intestato alla società immobiliare di tutta la famiglia; e i 4 della moglie Susanna Mazzoleni, avvocatessa e figlia di uno dei più noti notabili di Bergamo. Totale: 11, di cui 5 ereditati dalle rispettive famiglie e 6 acquistati con proventi di redditi e risarcimenti ottenuti dall'ex pm nelle tante cause per diffamazione. In più c'è il lascito della contessa Borletti, che nel 1995 gli donò 900 e rotti milioni di lire per sostenerlo nella sua battaglia quando era ancora un magistrato: non un finanziamento elettorale, ma una donazione personale, visto che all'epoca Di Pietro non aveva un partito ne pensava di fondarlo (l'avrebbe fatto solo 3 anni dopo). Resta da capire perché l'infelice servizio su Di Pietro sia stato rilanciato, amplificato e manipolato da molti giornali e tv fino a mettere in crisi l'IDV. Di Pietro ha molte colpe, a cominciare dalla scelta di alcuni candidati rivelatisi dei poco di buono o dei venduti. Ma questa forsennata campagna vuole fargli pagare non le sue colpe ma i suoi meriti: Mani pulite, l'opposizione al berlusconismo, il referendum su nucleare, acqua e legittimo impedimento, le critiche a Napolitano, i NO al governo Monti e l'ostilità all'ipotesi di un Monti bis. Insomma, il suo essere un eterno non allineato.
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