Democrazia previtizzata


È già successo tutto sette anni fa, quando la Camera doveva votare la decadenza di Cesare Previti e impiegò esattamente 14 mesi a fare ciò che avrebbe potuto e dovuto fare in un solo giorno. Il 4 maggio 2006, all’indomani della sua quarta rielezione a deputato al seguito di Berlusconi, Previti viene condannato dalla Cassazione a 6 anni per corruzione giudiziaria nel caso Imi-Sir e si vede annullare l’assoluzione per il caso gemello del lodo Mondadori, con rinvio a nuovo processo d’appello. L’indomani, l’onorevole neopregiudicato si consegna di buon mattino al carcere di Rebibbia. E subito la sua cella, nel braccio G16 di Rebibbia, diventa meta di un pellegrinaggio incessante di esponenti della Casa delle libertà: il presidente emerito della Repubblica Cossiga, il presidente del Senato Pera, il senatore Guzzanti, gli onorevoli Cicchitto, Bondi, Pecorella, Lainati, Craxi (figlia), Gardini, Cantoni, Giro, Simeone, Marini, Jannarilli, Cicolani, Barelli, Antoniozzi, i sottosegretari Santelli, Grillo e Di Virgilio, l’europarlamentare Tajani, il capo della segreteria di Berlusconi, Valentino Valentini e Paolo Cirino Pomicino in veste di cicerone (lui conosce la strada). Berlusconi invece preferisce restare a distanza di sicurezza da Rebibbia. Non si sa mai. 


Però invia all’amico detenuto un affettuoso telegramma: “Ci vediamo a casa martedì”. Piero Sansonetti, direttore di Liberazione, organo di Rifondazione comunista,pubblica un editoriale dal titolo“Salviamo Previti. Come? Con una legge ad personam: l’amnistia”. Immediata l’adesione del vicecoordinatore forzista Cicchitto: “Può servire per chiudere una guerra civile fredda iniziata almeno dal 1992, che è tuttora in atto ed è durissima”. La legge ex Cirielli riserva ai detenuti ultrasettantenni la possibilità di trascorrere la detenzione agli arresti domiciliari. Così, con fulminea rapidità e con un’interpretazione estensiva della legge, decide il giudice di sorveglianza Laura Longo (Magistratura democratica), che concede pure all’onorevole detenuto due ore quotidiane di libera uscita per “soddisfare le sue indispensabili esigenze di vita”. Un beneficio di solito riservato ai diseredati senza famiglia e soli al mondo, dunque impossibilitati a mandare qualcuno a fare la spesa al posto loro. “Nelle due ore libere Previti potrebbe andare in Parlamento”, dice il suo legale. Ma, almeno per i primi tempi, l’illustre assistito preferisce altri itinerari. Intanto la giunta per le elezioni della Camera, presieduta da un suo caro amico, l’onorevole avvocato forzista Donato Bruno, deve decidere sulla sua decadenza da parlamentare, visto che la condanna prevede la pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Ma, anziché prender atto della sentenza e applicarla, la giunta si arroga il diritto di sindacarla per mesi e mesi, invadendo le prerogative sovrane del potere giudiziario. Previti la butta in politica, ingaggiando un difensore molto speciale: l’avvocato Giovanni Pellegrino,dalemiano,presidente Ds della provincia di Lecce, già senatore per varie legislature ed ex presidente della commissione Stragi. Bruno se la prende comoda: il 7 giugno 2006, un mese dopo la sentenza, annuncia che la giunta si occuperà “quanto prima” del caso. Ma poi non dà più sue notizie fino alla pausa estiva. Invano il gruppo dei Verdi scrive ai presidenti della Camera e della giunta per sollecitare la decadenza di Previti da deputato, visto che oltretutto aveva “annunciato più volte che si sarebbe dimesso, ma a tre mesi dalla sentenza non c’è traccia della lettera di dimissioni” (la missiva, mai vista da alcuno, è ben custodita in un cassetto dal capogruppo di Forza Italia, Elio Vito). Nel frattempo si lavora all’indulto, che nell’originaria versione Buemi (centrosinistra) cancella addirittura le pene accessorie: quanto basterebbe per conservare il seggio parlamentare al deputato-detenuto domiciliare. Poi almeno quella vergogna viene cancellata. A fine luglio l’indulto più ampio della storia repubblicana – tre anni di sconto anche per i condannati per corruzione giudiziaria – è legge: votano sì il centrosinistra, l’Udc, Forza Italia e un pezzo di An, con la scusa del sovraffollamento delle carceri; votano no l’Idv, la Lega, il resto di An e si astengono i Comunisti italiani.

Salvato dal carcere grazie all’ex Cirielli e liberato dai domiciliari grazie all’indulto, Previti dovrà scontare solo 3 anni su 6, dunque può accedere in “affidamento in prova ai servizi sociali”. Cioè scontare la pena a piede libero. Il 3 ottobre il presidente Bruno e il capo del comitato sulla incompatibilità, il ds Gianfranco Burchiellaro, sostengono di non potersi occupare del caso finché la Cassazione non depositerà le motivazioni della sentenza. Ma è una scusa che non sta in piedi: le sentenze della Cassazione sono immediatamente esecutive fin dal deposito del dispositivo. Il 7 ottobre comunque arrivano anche le motivazioni. Ma la giunta temporeggia per un altro paio di settimane. Bruno preannuncia “un’istruttoria per il cui svolgimento ci sono fino a quattro mesi di tempo”. Poi, il 26 ottobre, finalmente si comincia. Ma per rinviare subito al9 novembre,quando sarà ascoltato Previti. O, meglio, dovrebbe. Infatti non si presenta. E chiede di sospendere il giudizio per un altro mesetto, per quattro motivi: 1) ha chiesto l’affidamento ai servizi sociali e sostiene che, se gli fosse concesso, questo estinguerebbe l’interdizione; 2) la sua condanna definitiva non avrebbe “il carattere dell’irrevocabilità” perché l’ha impugnata, in quanto viziata da “errore materiale o di fatto”; 3) il mandato di parlamentare non può essere assimilato “tout court alla nozione di pubblico ufficio” visto che il legislatore fa “esclusivo riferimento alle amministrazioni locali” (un consigliere circoscrizionale condannato deve andarsene, un deputato no); 4) ha presentato un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo contro la sentenza “persecutoria”, e se questo venisse accolto “legittimerebbe un giudizio di revisione” del suo processo.

L’onorevole usa e getta
In attesa del quadruplice miracolo, i capigruppo del centrosinistra decidono di “non accelerare e non ritardare i tempi”. Il 9 novembre, per non parlare di Previti (peraltro assente), la Cdl s’inventa un diversivo e inscena una rissa col centrosinistra a causa di alcuni articoli pubblicati dall’Unità su presunti brogli alle ultime elezioni. Il 16 novembre nuova riunione, ma solo per convocare Previti il 23. L’Unione (centrosinistra) propone di sospendere fin da subito Previti dallo stipendio che continua indebitamente a percepire dal Parlamento (13 mila euro al mese, al netto dei gettoni di presenza e benefit). Ma non se ne fa nulla. Il 22 Previti annuncia che l’indomani non verrà perché sarà a Milano a discutere la sua richiesta direvisione della sentenza di Cassazione .E chiede un rinvio a dicembre. Sempre disponibile, la giunta lo riconvoca per il 6 dicembre. Belisario (Idv) si dimette per protesta. Il 6 dicembre, sette mesi dopo la condanna, Previti si materializza dinanzi al comitato incompatibilità della giunta. Ma solo per chiedere un mese in più per studiare le carte. Poi esce e fa per tornare a casa. Ma poco dopo rientra: ha appena saputo proprio in quegli istanti, che la Cassazione ha deciso che l’altro processo a suo carico, lo Sme-Ariosto, deve traslocare da Milano a Perugia e lui vuole chiederle di rimangiarsi il verdetto Imi-Sir dichiarando anche l’incompetenza dei giudici ambrosiani. Bruno si affretta a dargli ragione. La giunta si riconvoca per il 14 dicembre, quando il comitato incompatibilità si esprime a maggioranza per la decadenza. Ma intanto c’è Natale, poi Capodanno, poi l’Epifania. Se ne riparla il 25 gennaio 2007. E ricomincia la manfrina. Burchiellaro illustra alla giunta perché il comitato ha deciso per la decadenza. Pecorella ribatte che bisogna congelare tutto finché la Cassazione non si sarà pronunciata sul ricorso straordinario di Previti. Burchiellaro propone un compromesso: Previti decade dal mandato parlamentare, ma non per sempre. Con effetti reversibili: viene sostituito provvisoriamente dal primo dei non eletti di Forza Italia, per poi rientrare in Parlamento nel caso in cui il servizio sociale estinguesse la pena accessoria, o la Cassazione accogliesse il ricorso contro la condanna. Nascerebbe così la figura del deputato supplente, “usa e getta”. È una boiata pazzesca, smentita da tutte le norme, ma in giunta, per seguitare a perdere tempo, si finge che la tesi regga e si continua a discutere della “decadenza reversibile”, con biglietto di andata e ritorno, quasi che il Parlamento fosse un hotel a porte girevoli. Il 1° febbraio nuovo rinvio. Previti scrive a Bruno: “Auspico che la giunta possa concludere la discussione non prima del 15 febbraio 2007”. Infatti il Tribunale di sorveglianza ha fissato l’udienza sulla sua richiesta di servizio sociale per il giorno 14. Subito accontentato. La giudice Longo decide il 19: Previti lascia i domiciliari e viene affidato “in prova” a una comunità di recupero per tossici e alcolisti del Ceis di don Mario Picchi, come “consulente legale”: potrà uscire di casa dalle 7 alle 23. Il 23 febbraio la Corte d’appello di Milano condanna Previti ad altri 18 mesi per Mondadori, poi confermati in Cassazione. Passa un altro mese e in giunta non accade nulla di importante. Barbieri dell’Udc ricorda che “il deputato missino Sandro Saccucci, condannato per l’uccisione di un giovane comunista, fuggito in Spagna dopo la condanna di primo grado, portò regolarmente a termine il suo mandato parlamentare”; e pure Toni Negri, condannato per banda armata, Massimo Abbatangelo, condannato per un assalto a colpi di molotov a una sede del Pci, e Francesco Moranino, condannato per vari omicidi e fuggito in Cecoslovacchia prima di essere graziato dal presidente Saragat. Dunque anche Previti deve restare deputato. Il 21 marzo la giunta torna a riunirsi, ma i tre deputati di An che si erano iscritti a parlare non si presentano. Tutto rinviato. Il 28 marzo l’an Gamba propone di studiare una forma di“sospensione temporanea”.Il 4 aprile l’an Consolo chiede che Bruno investa il presidente della Camera Bertinotti della questione. Bruno promette di approfondire la questione con gli uffici della Camera. Consolo chiede di rinviare il voto a dopo il 23 maggio, quando la Cassazione discuterà il ricorso di Previti per “errore di fatto”. Alla fine, ed è la prima volta dopo molti mesi, la giunta decide qualcosa. Non la decadenza di Previti, ma la data in cui si voterà in merito: nella settimana che inizia il 17 aprile. Cioè quella di Pasqua. Il 17 Nespoli diede garanzie sul fatto che Previti rientri in Parlamento subito dopo il servizio sociale e invoca una bella riforma della materia. Pecorella chiede altri chiarimenti. Sembra il momento di votare, ma Bruno si ricorda che deve riunire urgentemente l’ufficio di presidenza. E poi Barbieri chiede di parlare di nuovo. Ma ovviamente è assente e si rinvia. L’ultima replica di Burchiellaro è rinviata a maggio, anche perché la giunta ritiene molto più urgente occuparsi di altri due deputati in odor di decadenza. Il 4 maggio Previti compie un anno d imandato parlamentare abusivo. L’Udeur diserta la giunta e minaccia di ritirarsene per le beghe politiche di Mastella col resto della maggioranza. La seduta decisiva del giorno 8 slitta a fine mese: il Parlamento chiude dal 20 al 27 per le elezioni amministrative. Il 23 maggio la Cassazione respinge il ricorso di Previti contro la sentenza Imi-Sir in quanto palesemente “inammissibile”. I suoi legali, per tutta risposta, annunciano una richiesta di revisione del processo a Brescia.Intanto,quando non si rieduca in comunità, Previti è libero di muoversi come meglio crede – a bordo delle sue numerose automobili con autista (una Mercedes, una Range Rover e una Nissan) – dalle 7 alle 23 nella provincia di Roma. Salvo qualche permesso premio per ritemprarsi nella villa all’Argentario, dove un tempo veleggiava sul mitico “Barbarossa” nelle acque dell’allusiva Cala Galera. Nel tempo libero, a parte qualche partitella al circolo Canottieri Lazio e “la ginnastica agli attrezzi di cui si è dotato in casa”, frequenta il suo studio in via Cicerone. Il 29 maggio la giunta approva (17 sì dal centrosinistra, 8 no dal centrodestra) la proposta Burchiellaro per la contestazione dell’elezione di Previti. Ma non è finita: ora dovranno passare 20 giorni per convocare Previti e il suo avvocato in udienza pubblica. Poi la giunta dovrà di nuovo votare per decidere se trasmettere all’aula la proposta di decadenza. Ma i 20 giorni diventano 40. Siamo al 9 luglio. Previti interviene un’altra volta in giunta per dichiararsi vittima di “una vergognosa persecuzione giudiziaria”. Cita “Sansonetti che, da autentico garantista, ha scritto che la mia condanna è avvenuta senza prove”.

“La nobiltà d’animo”
Poi parla il suo avvocato, il dalemiano Pellegrino: il processo Imi-Sir fu “condizionato all’origine” dalle idee politiche di giudici “parziali” (si presume di sinistra, cioè della stessa parte di Pellegrino), dunque “non si tratta di difendere la persona Previti, ma lo status di parlamentare. Barabba fu assolto, il Nazareno fu condannato. E Socrate fu costretto a bere la cicuta”. Alla fine la giunta si pronuncia per la decadenza di Previti con 16 voti a favore (Unione, assente l’Udeur) e 11 contrari (Cdl, assenti Nespoli e Pezzella di An). Ma non è ancora finita. Manca il voto dell’aula. Il 31 luglio la Camera è finalmente convocata per votare sulla decadenza. Previti gioca d’anticipo e abbandona il campo prima di esserne espulso: fa leggere una lettera di dimissioni dal capogruppo Vito (che ne elogia la “nobiltà d’ani- mo”), chiedendo che l’aula si pronunci con voto palese. Lo scopo è chiaro: evitare l’onta di vedersi dichiarare decaduto per effetto di una condanna definitiva. Il che, manda a dire, sarebbe “un atto di sottomissione del Parlamento al potere non sovrano, ma sovrastante dell’autorità giudiziaria, riconoscendole un primato rispetto al Parlamento del tutto estraneo alla nostra Costituzione”. Ma, per il voto palese su una questione come questa, occorre l’accordo di tutti i gruppi parlamentari: invece uno si sfila, Marco Boato del gruppo misto. Dunque si procede a volto scoperto. Tutti i gruppi, compresa Forza Italia ed esclusi soltanto il Pri di La Malfa e la Nuova Dc di Rotondi, si pronunciano per il sì. Alle ore 16:57 le dimissioni vengono accolte, in un silenzio tombale, con 462 sì, 66 no e 4 astenuti (su 530 deputati presenti). Fini, in aula durante la discussione, esce platealmente prima dello scrutinio, seguito da 16 deputati del suo gruppo. Berlusconi non si fa proprio vedere, così come altri 12 forzisti e 8 dell’Udc. I quattro astenuti sono Laurini e Vitali di Forza Italia, Dionisi dell’Udc e Affronti dell’Udeur.

Alla fine solo Di Pietro e Diliberto, fra i capipartito, esultano perché “finalmente giustizia è fatta”, mentre il resto dell’Unione tace imbarazzato. La Cdl si scatena, almeno a parole. Berlusconi grida all’“accanimento” ed esalta il “gesto nobile” dell’amico Cesare. La prima intervista da ex, Previti la regala a Libero . E fa i nomi di coloro che hanno causato la sua cacciata. Non gli esponenti dell’Unione, ma alcuni giornalisti e comici: “Questa gente voleva solo che me andassi perché dovevano dare soddisfazione ai vari Travaglio, Santoro, alle Iene, al blog di Beppe Grillo. Non si rendono conto che io ho solo fatto un piacere al Parlamento, che votando la mia decadenza si sarebbe squalificato da solo”. Andrea Romano, già direttore della rivista dalemiana Italiani europei e ora approdato all’Einaudi (Mondadori, Berlusconi), deplora sulla Stampa il vero scandalo del caso Previti. E cioè “la rapidità con cui Previti è stato accompagnato alla porta dalla Camera, rischiando proprio sul finale di apparirci simpatico”. Diventerà il braccio destro di Montezemolo e poi di Monti, of course.


di Marco Travaglio, da Il Fatto Quotidiano del 03/09/2013

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