La storiella di Logner


C'era una volta, in una regione della Norvegia, un pretendente al trono di nome Logner. Un brutto giorno il connestabile lo sorprese mentre corrompeva i gabellieri del re per accumulare denaro in un altro reame e poi farlo tornare nelle sue tasche esentasse. A quel punto il tribunale stabilì che quel pretendente non poteva più aspirare al regno. Ad altri, per molto meno, era stato precluso l'accesso al Gran Consiglio.

Logner pianse, si disperò, gridò di essere innocente, gridò che erano tutti colpevoli i suoi complici nell'affare, ma che lui era innocentissimo. Allora si sottopose la questione ad un secondo tribunale, che lo decretò colpevole. Logner si disperò ancor di più e più di lui si disperarono tutti quelli che lo sostenevano, qualcuno cominciò a sospettare che quei due tribunali per un qualche motivo volessero che Logner non partecipasse alla corsa al trono. Allora il re decise di sottoporre il caso al giudizio di un terzo tribunale. Anche il terzo tribunale lo decretò colpevole. A questo punto qualcuno disse che questa era la prova che i tribunali erano tutti d'accordo. Anche se gli si faceva notare che tre tribunali diversi dovevano in qualche modo fare testo, altrimenti si sarebbe dovuto buttare all'aria l'intero sistema, quello stesso sistema che aveva permesso a Logner di essere pretendente al trono, i suoi sostenitori pensavano ad un complotto. Erano ormai passati anni, ma per tagliare la testa al toro il re stabilì che un collegio di giudici, diverso dagli altri tre, per la quarta e definitiva volta stabilisse se Logner era colpevole o meno. Anche quest'ultimo tribunale lo decretò colpevole. Allora ci furono furibonde proteste dei suoi sostenitori, ma stavolta il re disse che quel verdetto era l'ultimo. I tirapiedi di Logner chiesero al re di graziarlo, ma il re gli rispose che chiedere la grazia equivaleva ad ammettere la colpa quindi Logner non avrebbe potuto partecipare al Consiglio. Ma i tirapiedi di Logner dissero che in ogni caso gli si poteva permettere di sedere al Gran Consiglio del re se solo il re lo avesse voluto. Il re disse che avrebbe tanto voluto, ma era difficile accettare un uomo accusato d'intacco di cassa al suo Gran Consiglio. Allora chiesero che fosse lo stesso Gran Consiglio a stabilire se lui potesse farne parte oppure no. In tutto questo passavano i mesi e Logner girava per le piazze, arringava la folla, gridava ad un complotto contro di lui. Tentava di portare dalla sua parte consiglieri della parte avversa dicendo loro: "Se voi mi farete fuori la gente penserà che siete malvagi, che volete vendicarvi". Ovviamente tutti avevano già dimenticato che lui stesso era stato malvagio e aveva fatto fuori dal Gran Consiglio chi lo condannava quando era lui il favorito, che, grazie alle ricchezze accumulate non si sa come, acquistava giornali per sostituirne i cronachisti, visto che raccontavano cose su di lui, e con altri aveva tentato di mettere in giro calunnie, di qualcuno aveva fatto dire dai suoi lacchè che faceva contratti fraudolenti coi paesi del sole nascente, di qualcun altro aveva fatto dire che comprava case coi soldi dei suoi sostenitori, anche se non si erano mai trovate le prove tutta questa gente era infangata di fronte al popolo. E qualche consigliere della parte avversa s'impietosì di quelle lacrime e disse "In fondo noi amiamo la giustizia e accanirsi non è giustizia" scambiando per accanimento il fatto che Logner riusciva a ritardare i giudizi e a far passare il tempo. Ma tutti avevano già dimenticato questo ed ora credevano sincere le sue lacrime. Avevano persino dimenticato che solo un paio di anni prima Logner era stato costretto dai suoi stessi sostenitori a cedere lo scranno Maggiore perché tutti si vergognavano di lui e i reami vicini per sua causa non si fidavano più del re. E man mano che si avvicinava il momento della decisione del Gran Consiglio, i suoi lacchè, quegli stessi che prima avevano messo in giro voci calunniose nei confronti dei suoi avversari, mettevano in giro altre voci, sui giudici, su chi lo voleva far fuori, sui consiglieri della parte avversa. A poco valeva dir loro che anche se quei tribunali ce l'avessero avuta tutti a morte con Logner, il che era improbabile, restava il fatto che lui aveva frodato il reame. E i suoi tirapiedi dicevano: " Se non si permetterà a Logner di sedere al Gran Consiglio ci sarà caos nelle alte sfere del reame e tutto sarà ingovernabile e la colpa sarà solo di chi non vuole Logner". Perché non va dimenticato che tutti gli avvocati difensori di Logner sedevano tra gli scranni del Gran Consiglio e proponevano e decidevano leggi. E così anche i consiglieri della parte avversa avevano a cuore che le cose andassero bene per Logner perché, a dirla tutta, anche a loro conveniva mantenere il proprio scranno nel Consiglio.
Un giorno un maniscalco disse: " In tutti i reami vicini al nostro le cose cominciano ad andare bene, solo nel nostro reame la povertà è in aumento, i campi sono preda degli uccelli e le strade sono piene di buche! Siamo cioè in condizioni peggiori di quando si è installato il Gran Consiglio". 
Ma nel Gran Consiglio si continuava a discutere ormai da mesi se Logner dovesse sedere tra gli scranni oppure no, anche se era colpevole.
Quando il maniscalco pronunciò quella frase nessuno lo sentì, solo un soldato, che passava di là e gli tirò un ceffone dicendogli: "Bada a quel che dici!".
Il popolo passava il tempo a litigare sul fatto che Logner avesse ragione oppure no e la domenica si andava allo stadio a disputare se il giocatore della squadra di questo o quel potente fosse in fuorigioco oppure no.
Il re, che a suo tempo aveva già salvato Logner da una sconfitta certa al Gran consiglio, che era spesso solerte a favorire qualche sua scappatella burocratica, ora, stranamente, dormiva.


by Natalino Balasso

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