Non capita tutti i giorni, persino in un paese abituato a tutto, di ascoltare enormi sciocchezze come quella pronunciata da Enrico Letta nell’intervista a Maria Latella su Sky: “Mercoledì si è chiuso un ventennio con un confronto politico molto forte. È una pagina voltata in modo definitivo. Berlusconi ha cercato di far cadere il governo e non ci è riuscito perché il Parlamento in sintonia con il Paese ha voluto che si continuasse. Ho preso un rischio perché non ho accettato mediazioni. Alfano ha assunto una leadership molto forte e molto marcata, è stato sfidato e ha vinto la partita”. Per carità, è comprensibile che il premier Nipote tenti un’altra volta di truffare i suoi elettori, che si vergognano delle larghe intese con B., con la fiaba della scomparsa di B. Ma non c’è nulla di vero in quello che racconta.
1) Non è vero che mercoledì si sia chiuso un ventennio, visto che al Quirinale siede un signore che entrò in Parlamento nel 1953, dunque non riusciamo a chiudere nemmeno il sessantennio. E tutti i protagonisti del ventennio sono ai posti di combattimento: Berlusconi (capo un po’ acciaccato del partito di sua proprietà), ma anche Enrico Letta e Angelino Alfano. Letta jr. vent’anni fa non era in fasce, e nemmeno fuori dalla politica: anzi nel '91 il nipote di suo zio era già presidente dei Giovani democristiani europei, nel '96 diventava dirigente del ministero del Tesoro, nel '97 vicesegretario nazionale del Ppi, nel '98 ministro del governo D’Alema, nel 2000 del governo Amato e via poltroneggiando. Idem Alfano: dopo un passaggio nella Dc, nel '94 si iscrisse a Forza Italia, nel '96 divenne deputato regionale in Sicilia e nel 2001 entrò in Parlamento votando tutte le leggi vergogna del suo padrone e firmando personalmente alcune fra le più incostituzionali come ministro della Giustizia. Il fatto che il Pdl sia diviso fra governisti e antigovernisti non cambia la sostanza delle cose, visto che l’idea dei gruppi parlamentari separati è già tramontata e che fra i governisti pascolano dinosauri come Cicchitto, Giovanardi e Formigoni, in politica rispettivamente dal 1960, dal 1969 e dal 1975. Ma soprattutto le leggi vergogna del ventennio sono tutte in vigore, dal falso in bilancio alla Gasparri, dalla Cirielli alla Fini-Giovanardi (ah già), dalla Bossi-Fini al reato di clandestinità che sta portando all’incriminazione dei sopravvissuti alla strage di Lampedusa. Per non parlare delle mancate leggi antitrust e contro i conflitti d’interessi. E delle leggi-papello fatte da destra e da sinistra in ossequio alla trattativa Stato-mafia (giustamente Giovanna Maggiani Chelli, presidente dei familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili, ricorda che “non è vero che il ventennio fatto di lacrime e sangue è finito. La richiesta di abolizione dell’ergastolo anche per i mafiosi rei delle stragi del 1993, invocata da più parti e avviata sulle vie referendarie e attraverso progetti di leggi, è la riprova che non si riesce di voltare pagina. I nostri figli sono stati messi nelle mani della mafia 20 anni fa attraverso trattative impronunciabili e i processi alla mafia stragista del 1993 sono monchi della verità fino in fondo, quindi in Italia non è cambiato nulla, è solo la politica che si veste di trionfalismi per continuare a nascondere cose indicibili”). Anziché tromboneggiare sulla fine del ventennio, Letta potrebbe fare qualcosa per cancellare quegli obbrobri, se non è troppo disturbo e se lo zio è d’accordo.
2) Non è vero neppure che Berlusconi non è riuscito a far cadere il governo “perché il Parlamento in sintonia con il Paese ha voluto che si continuasse”. Intanto il governo rappresenta appena un terzo del Paese, visto che quasi la metà degli italiani non vota e dell’altra metà solo il 60% vota Pd-Pdl-Scelta civica. Eppoi i governisti del Pd sostengono il governo per conservare la poltrona e per paura di perderla tornando a votare.
3) Non è vero che Letta jr. ha “preso un rischio” per aver “accettato mediazioni”. Il rischio era zero, perché aveva già in mano i numeri dei governisti pronti a votargli la fiducia. E le mediazioni le ha accettate eccome, altrimenti non avrebbe incontrato continuamente lo zio Gianni, che andava a veniva fra il Quirinale e Palazzo Chigi. E non avrebbe fatto aperture sulla giustizia ne suoi discorsi alle Camere. E, quando B. ha cambiato idea votando sì dopo aver annunciato il no, avrebbe ripreso la parola per dire che rifiutava i suoi voti. Ma non poteva farlo,altrimenti B.gli avrebbe ricordato chi è stato a sceglierlo come premier (B., non Alfano) e a imporre la rielezione di Napolitano che gli ha dato l’incarico (B., non Alfano). E magari gli avrebbe pure rammentato qualche protocollo segreto dell’inciucione di fine aprile, rimasto finora occulto.
4) Non è vero, infine, che “Alfano ha assunto una leadership molto forte e ha vinto la partita”. Altrimenti sarebbe il primo a chiedere il congresso e le primarie del Pdl, invece di accontentarsi dei giochetti e delle trame di palazzo.Tutti sanno che questo noto frequentatore di se stesso è un desertificatore di urne, non avendo mai vinto un’elezione in vita sua. La Sicilia del 61 a zero, opera di Micciché, oro è saldamente nelle mani del centrosinistra, dopo l’epocale sconfitta degli alfanidi alle ultime regionali. Sconfitta divenuta catastrofe nella natia Agrigento, dove Alfano lo conoscono, dunque lo evitano: lì il suo candidato, tal Pennica ( nomen omen ), sostenuto da un’amplissima coalizione dal Pdl a Grande Sud, dall’Mpa di Lombardo a Fli, ha raccolto appena il 25%,contro il 75 di Zambuto, appoggiato solo dall’Udc (poi trasvolato nel Pd al seguito di Renzi). Del resto, quando un anno fa il Cainano annunciò il ritiro dalla politica e lanciò Angelino Jolie, il Pdl sprofondò nei sondaggi sotto il 15%, e solo il ritorno del Puzzone lo riportò al 22. Sarà un caso, ma appena mercoledì Alfano ha rialzato il capino implume, il Pdl è riprecipitato dal 28 al 20. Fra qualche mese ci sono le elezioni europee, con proporzionale e preferenze: vedremo se questo trascinatore di folle farà da solo, o chiederà aiuto a nonno Silvio in qualche comunità di recupero. Col rischio di esservi trattenuto.
di Marco Travaglio, da Il Fatto Quotidiano del 08-10-2013
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