Referendum sull'austerità


SEL dice "No all'austerità". E lo dice la CGIL e lo dicono un po' tutti i sindacati e lo dicono molte organizzazioni. E lo dice buona parte del PD, lo dice il M5stelle, e lo dicono anche partiti di destra, di centrodestra, di sudsudovest ed di nordnordest.
Io non credo che ci sia qualcuno che possa dire sì all'austerità. Non credo insomma che questa dichiarazione d'intenti vada al di là del populismo.

Si sta preparando un referendum, con tutto l'apparato di dispendio di denari e di entusiasmi che ne consegue, per stabilire se il popolo sia o no d'accordo con le politiche di austerità. Detto così sembrerebbe un quesito inutile: quale popolo, chiamato a dire se preferisce che il proprio governo acuisca la sofferenza del sacrificio oppure che il proprio governo diminuisca la portata del sacrificio, sceglierebbe la prima ipotesi?
Se questo referendum vuole dimostrare che il popolo soffre economicamente, è un referendum inutile. Roba da uffici stampa. Credo che la cosa sia lampante.
Poi però la questione si fa complicata, perché tradurre tutto questo in un referendum che in Italia può essere solo abrogativo, significa abolire alcuni passaggi o articoli di legge. Questo presuppone che il popolo legga le leggi.
Qui la cosa si fa più ardua, non possiamo trascurare di trovarci in una nazione in cui l'analfabetismo è in continua crescita ed è attestato giornalmente dai commenti che leggiamo nei social.
A questa nazione si può raccontare quello che si vuole. Tanto non capisce.
Io sono per l'austerità.
Io sono per dire: qual è la funzione principale della raccolta diretta e indiretta delle tasse? Favorire la crescita del popolo, il suo benessere e la sua partecipazione sociale attraverso l'istruzione di tutti.
Bene.
Dunque si applichi l'austerità.
Vale a dire che finché non si è raggiunto lo scopo principale, cioè il benessere del popolo, la sua crescita e la partecipazione sociale attraverso l'istruzione di tutti, non c'è spazio per lo sperpero nelle spese secondarie.


Vale a dire che il tetto sullo stipendio dei manager, anche quelli che si credono i migliori, va fissato a non più di 60.000 euro annui, vale a dire che la Rai deve essere in pareggio, quindi non può pagare un artista o un giornalista o un dipendente un milione l'anno a meno che queste figure non dimostrino, carte alla mano, di avere reso all'azienda almeno il doppio. Vale a dire che quello dei falsi invalidi va punito come reato gravissimo contro la collettività. Vale a dire che le cose pagate da tutti non possono creare guadagno a pochi. Vale a dire che il tecnico della nazionale di calcio prende 60.000 euro l'anno e i giocatori giocano gratis e se perdono chi cazzo se ne frega. Vale a dire che le pensioni ai generali che superino i 30.000 euro annui vanno revocate, visto che abbiamo un esercito pieno di graduati e che c'è più gente che comanda che gente che obbedisce.
Vale a dire che i fornitori dello Stato devono essere pagati subito ma non devono chiedere un centesimo di più rispetto a quanto chiedono agli altri per lo stesso servizio. Vale a dire che i presidenti e gli ex presidenti della repubblica si pagano le vacanze coi loro soldi e non portano via interi centri vacanza destinati alle famiglie dei militari, strappando un po' di relax a centinaia di famiglie per l'agio della propria singola famiglia per l'intero arco delle vacanze.
Comodo parlare di austerità per quelli che si fanno il culo quando un'orda di fancazzisti è strapagata coi soldi di tutti e fa danni quotidianamente. Comodo parlare di sacrifici senza toccare un centesimo dei propri privilegi. Qualunque discorso sull'austerità fatto da gente che guadagna 800 mila euro l'anno è un calcio in culo ai poveracci e chi si dice dalla parte della povera gente non dovrebbe sottoscrivere questo andazzo: dire no alle leggi sul pareggio di bilancio affermando che queste affossano l'economia senza ammettere che la nostra economia è affossata, anche e forse soprattutto, dallo sperpero quotidiano dei beni di tutti è un ipocrita silenzio sull'infamia dei privilegiati di Stato di questo Paese, che spende e spande anche quando non c'è più un soldo, tanto ci sono sempre quelli che fanno i sacrifici. Dire che bisogna tornare a prima, come se tangentopoli non fosse mai esistita, come se non fossero mai esistite le lenzuola d'oro, le carceri d'oro, i sacchi edilizi, come se i responsabili che oggi siedono sulle poltrone delle aziende pubbliche non fossero in maggior parte i fuoriusciti della corruzione del passato equivale ad essere complici del reato che questa nazione compie da decenni ai danni di se stessa.

Per la cronaca, questi sono i quesiti a cui l'attento popolo italiano dovrà rispondere.
Primo quesito:
Volete Voi che siano abrogati l’art.3, comma 3, limitatamente alla parola: “almeno”; e l’art.3, comma 5, lettera a), limitatamente alla parola: “almeno”, della legge 24 dicembre 2012, n.243, recante “Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’art.81, sesto comma, della Costituzione”?

Secondo quesito:
Volete Voi che sia abrogato l’art.3, comma 2 (“L’equilibrio dei bilanci corrisponde all’obiettivo a medio termine.”) della legge 24 dicembre 2012, n.243, recante “Disposizioni per l’attuazione del principio di pareggio di bilancio ai sensi dell’art.81, sesto comma, della Costituzione”?

Terzo quesito:
Volete Voi che sia abrogato l’art.4, comma 4 (“Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 6, comma 6, non è consentito il ricorso all’indebitamento per realizzare operazioni relative alle partite finanziarie.”) della legge 24
dicembre 2012, n.243, recante “Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio in bilancio ai sensi dell’art.81, sesto comma, della Costituzione”?

Quarto quesito:
Volete Voi che sia abrogato l’art.8, comma 1, limitatamente alle seguenti parole: ”e dagli accordi internazionali in materia”, della legge 24 dicembre 2012, n.243, recante “Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’art.81, sesto comma, della Costituzione”?

Natalino Balasso

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