Il Re è morto, viva l’arbitro


Se i presidenti si giudicassero dai loro discorsi, Sergio Mattarella sarebbe un presidente perfetto. Si dirà che quasi tutti i politici e molti presidenti italiani, tipo l’ultimo e il penultimo che poi erano la stessa persona, parlano bene e razzolano male. Ma c’era qualcosa di non rituale e dunque di sincero nel discorso di insediamento tenuto ieri a Montecitorio dal dodicesimo presidente. Quei richiami insistiti e competenti alla Costituzione e alla legalità andavano al di là della retorica del cerimoniale, dando l’impressione di un’ispirazione profonda, convinta e sentita, che fa ben sperare per la fisionomia che Mattarella vorrà dare al suo ruolo di capo dello Stato, dopo gli stravolgimenti che la funzione ha subìto nei nove, pessimi anni di Napolitano.
Così come il largo spazio che, nel breve discorso, hanno avuto i temi della lotta alla delinquenza organizzata, intesa non solo come mafia ma anche come sistema criminale di corruzione politico-amministrativa-finanziaria, ben oltre i confini tradizionali fra i due fenomeni. È tutta musica per le nostre orecchie, sempreché alle parole poi seguano i fatti. Rispettare la Costituzione significa respingere al mittente le leggi incostituzionali, diversamente dal predecessore. E significa anche prestare molta attenzione al tradimento dello spirito costituzionale che emerge dal progetto di controriforma del Senato promosso dal governo (anziché dal Parlamento: un’anomalia fra le tante). Che non è, con buona pace dei turiferari, un progetto monocameralista: prevede, invece, un abortino con una Camera onnipotente formata per due terzi da nominati e di un Senato-dopolavoro di non eletti, con tanti saluti alla sovranità popolare e alla divisione dei poteri, visto che il premier diverrebbe il padrone del Parlamento, dunque del capo dello Stato e di parte del Csm e della Consulta. Ma questo attiene al futuro, e Mattarella – come tutti, almeno per noi – verrà giudicato dai fatti.
Per ora godiamoci l’esordio di un Presidente che, a differenza dell’altro, non attacca le opposizioni, anzi ne elogia la carica giovanile; non dà ordini al Parlamento, anzi esalta la separazione dei check and balances; e non blatera di guerra e pace fra magistrati e politici, cioè tra guardie e ladri, per magnificare le larghe intese. Chissà se i mille e più grandi elettori che l’hanno interrotto con applausi 42 volte hanno colto, nelle parole del nuovo presidente, la fine della monarchia e il ritorno alla Repubblica, visto che sono gli stessi che due anni fa, nell’aprile 2013, si spellavano le mani per il Discorso della Corona di re Giorgio, che trattava la Costituzione come un ferrovecchio da stravolgere e dettava la linea al Parlamento, al governo, alle opposizioni, alla magistratura, alla stampa, ai sindacati e a chiunque respirasse. Anche l’appello di Mattarella per la libertà di stampa, tema completamente abbandonato dai vertici delle istituzioni per non disturbare sappiamo bene chi, ha un suo significato: si tratta ora di tradurlo in pratica, per liberare l’informazione dai conflitti d’interessi che la inquinano. Chissà se quella di Mattarella è stata una reazione ai disgustosi cori di peana e le cascate di saliva che hanno accolto la sua elezione, così come l’ascesa al potere di chiunque nell’ultimo ventennio, e sempre dalle stesse penne alla bava. Può darsi di no, ma a noi piace pensare che l’uomo da tutti dipinto come schivo e riservato sia piuttosto allergico ai servi encomi. Soprattutto se puzzano di falso distante un miglio, e nascondono retropensieri maleodoranti. Sappiamo tutti chi c’è, fra i parlamentari che ieri facevano la ola a Montecitorio: un centinaio fra condannati, imputati e inquisiti (senza contare il pregiudicato-detenuto B. incredibilmente invitato alla cerimonia sul Colle), i 101 e più franchi traditori di Prodi nel 2013, centinaia di approvatori di leggi vergogna (comprese quelle poi bocciate dalla sua Corte costituzionale), vari amici di corruttori e mafiosi nonché praticanti del voto di scambio e di altre nefandezze denunciate dal presidente, e i 148 “abusivi” che stanno lì soltanto grazie ai premi di maggioranza incostituzionali del Porcellum incostituzionale. Che avevano, costoro, da applaudire un personaggio e un discorso che sono la negazione delle loro biografie? Speravano, come due anni fa, di potersi nascondere un altro po’ dietro la bella faccia di un Presidente che contano diventi anche lui il santo patrono della Casta e di tutte le sue vergogne. Speriamo che li smentisca e li deluda presto.

di Marco Travaglio
Il Fatto Quotidiano del 4/2/2015

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