Quarto, caput mundi


Da quando il Pd e la stampa al seguito hanno promosso Quarto (Napoli) a capitale della nuova Italia, perché nessuno si ricordi di Roma capitale della nuova mafia, lo spettacolo è avvincente. Quelli che non hanno voluto sciogliere il Comune di Roma perché il sindaco era l’onesto Marino e poi hanno dimissionato l’onesto Marino in quanto indagato per le cene a pie’ di lista, ora chiedono di sciogliere il Comune di Quarto e di dimissionare la sindaca di Quarto in quanto non indagata per nulla. Allora i 5Stelle dimissionano la sindaca di Quarto. Ma quelli che chiedevano di dimissionarla dicono che non si doveva dimissionarla: “È ingiusto buttarle la croce addosso, non si deve dimettere perché l’hanno messa lì i cittadini, io sono per il garantismo più totale” (Renzi). Strano: anche Marino era stato messo lì dal popolo. Ma non sottilizziamo. Ciò che conta è che, in nome del garantismo più totale, i renziani hanno già deciso che l’intero Direttorio dei 5Stelle sapeva del ricatto alla sindaca e non l’ha denunciato, anche se non c’è alcuna prova e gl’interessati non sono sospettati di nulla: “Le loro responsabilità sono sempre più gravi” (Andrea Romano), “attendiamo l’espulsione di Di Maio” (Matteo Orfini). Sia chiaro: le espulsioni M5S sono purghe staliniane, epurazioni da “partito padronale” (Ermini), “operazioni gattopardesche” (Romano). Però le chiedono lo stesso. In compenso non esiste alcun caso Renzi, neppure se emergessero note spese ingiustificate a Firenze o Rolex non autorizzati al polso. E nessun caso Boschi, neppure se il padre fosse indagato (quello di Renzi lo è già). Matteo e Maria Elena furono concepiti per opera dello Spirito Santo, quindi non ce l’hanno proprio, un padre.
Dalle intercettazioni emerge che a Quarto la camorra puntava tutto sul Pd, cioè su quelli che ora gridano “onestà” ai 5Stelle. Poi però il Pd presentò liste irregolari e fu escluso dalle elezioni, così i boss virarono in extremis su M5S. Ma la cosa non allarma affatto Renzi: anziché domandarsi come mai il suo partito fosse il preferito dai clan, chiedendo magari lumi ai suoi preclari rappresentanti in loco, sostiene che “io la pulizia l’ho fatta”. Funziona così: per evitare infiltrazioni camorristiche, non si scelgono candidati onesti, ma si presentano liste farlocche per farsele bocciare, così la camorra è fregata. Tiè. L’importante comunque è aver dimostrato che “i 5Stelle non hanno il monopolio della morale” ed “è finito il tempo in cui dicevano che non sono tutti uguali: sono un partito come gli altri”.
Evviva. Il premier-segretario – dall’alto dei 50 comuni Pd sciolti per mafia e delle centinaia di indagati e condannati Pd fra Camera, Senato, Parlamento europeo, governo, comuni, regioni e città metropolitane (l’ultimo è il sindaco di Como) – non può dire, restando serio, che il Pd è pulito. Dunque si pregia di comunicare alla Nazione che sono sporchi anche gli altri. Malcostume mezzo gaudio, è tutto un magnamagna. Sono soddisfazioni. Resta da capire perché, se sono tutti uguali, il M5S espelle un sindaco che non denuncia un reato e un consigliere sospettato di un reato, mentre il Pd lascia i suoi al loro posto. Però apprendiamo da Renzi & C. che la sindaca di Quarto “doveva denunciare chi la minacciava o ricattava”. Giusto: massima trasparenza, o a casa.
Infatti Vincenzo De Luca, il 19 ottobre, vede arrivare la Squadra Mobile a perquisire gli uffici della Regione Campania. Nel decreto di perquisizione c’è scritto che è indagato per induzione con alcuni collaboratori che, a nome suo, hanno promesso una promozione al marito della giudice che ha neutralizzato la sua sospensione. De Luca che fa? Denuncia i suoi uomini? Li caccia? Informa Renzi? No, tiene tutto per sé per tre settimane, e quando il suo segretario indagato se ne va perché si dice stanco, accredita la sua bugia ringraziandolo per la preziosa opera svolta. E quando esce la notizia che il segretario è indagato, De Luca racconta un’altra balla: “In quest’indagine sono parte lesa”. Invece è indagato. E Renzi & C. che fanno, lo cacciano? No, lo difendono: il “garantismo più totale” vale solo per loro. Tutti uguali? Mica tanto. Fosse dei 5Stelle, De Luca sarebbe stato espulso su due piedi, anzi non sarebbe stato neppure candidato: era già condannato in tribunale e sospeso.
A proposito dell’obbligo di denunciare reati: nel giugno 2012 il consigliere del Quirinale Loris D’Ambrosio, ex magistrato, travolto dalle polemiche per le sue interferenze nelle indagini sulla trattativa Stato-mafia, scrive al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano una lettera di dimissioni in cui, fra l’altro, gli ricorda di avergli parlato (“Lei sa…”) di “episodi del periodo 1989-1993 che mi preoccupano e fanno riflettere… preso dal vivo timore di essere stato considerato solo un ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi. Non le nascondo di aver… desiderato di tornare a fare indagini”. Perché Napolitano non invitò D’Ambrosio a parlarne subito ai pm di Palermo o non si precipitò lui stesso da loro a denunciare gli indicibili accordi fra uomini dello Stato e mafiosi evocati dal suo braccio destro? Ora non vorremmo che Renzi&C. chiedessero la testa di Napolitano per quell’omessa denuncia, lievemente più grave di quella della sindaca di Quarto. Anche perché c’è un solo modo per dimettersi da senatore a vita, e non osiamo neppure pensarlo.
Ps. In questa partita, FI e Ncd non toccano palla. Nessuno, infatti, ha mai potuto sospettarli di non denunciare reati: anche perché, di solito, sono loro a commetterli.

Marco Travaglio, Il Fatto quotidiano, 13 gennaio 2016

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