La politica fa troppo ribrezzo perché milioni di italiani non diano di stomaco la mattina davanti all’edicola o la sera davanti ai tg. Se finora abbiamo sventato lo tsunami del vomito, è grazie a un potente antiemetico a prova di nausea da anni sul mercato: il giornalismo italiano. Prendiamo l’ennesimo condono fiscale escogitato dal governo per incassare milioni di euro e di voti al referendum. Chi ha evaso non dichiarando entrate in nero per non pagarci le tasse o perché non poteva proprio inserire nella dichiarazione dei redditi i proventi dei traffici di droga, armi, prostituzione, di tangenti, peculati, estorsioni, truffe, rapine, omicidi e li ha nascosti nel materasso, dietro un tramezzo di casa come Corona, in una cassetta di sicurezza o su conti esteri, può dichiararli con una causale fasulla e pagare un modico pizzo allo Stato, risparmiando un sacco sulle tasse che avrebbe dovuto pagare (il 30-35% invece del 43). Ma soprattutto può legittimamente spendere quei soldi, che da neri diventano bianchi, a costi molto più bassi delle tariffe praticate dai riciclatori professionisti cui il governo fa ancora una volta concorrenza sleale. Chiamarlo “condono” non solo è corretto, ma pure riduttivo, trattandosi di un’operazione di riciclaggio o autoriciclaggio legalizzato. Siccome Renzi si era impegnato a non fare più condoni, questo lo chiama “voluntary disclosure”. Aveva anche denunciato, in una lettera del 14.3.2014 su Repubblica a Saviano, “il paradosso di un estorsore o uno spacciatore di droga che non viene punito se da solo ricicla o reimpiega il provento dei suoi delitti” e giurato di “aggredire i patrimoni mafiosi” (e qui non osiamo immaginare il cazziatone che avrà fatto Raffaele Cantone a Renzi sull’aereo da Washington, dopo avergli fatto da testimonial di non si sa cosa).Ora che il premier sbianca a prezzi modici anche i patrimoni dei mafiosi, qualche giornale – uno a caso, Repubblica –potrebbe dargli del bugiardo con una bella serie di domande ficcanti, da pubblicare ogni giorno fino a ottenere risposta. Tipo quelle fatte a suo tempo per B. e più recentemente per Di Maio e la Muraro. Campagna che dovrebbe investire anche il ministro Padoan, che fa il furbo a DiMartedì, negando il condono appena varato e aggiungendo supercazzole per sminuirne la carica criminogena (“Chi commette reati va in galera”: già, ma bisogna dimostrare che i contanti provengono da reati diversi dall’evasione – depenalizzata fino a soglie altissime – e difficilmente narcos, mafiosi e tangentisti allegano alla disclosure la propria confessione).Invece niente. Il giornalismo antiemetico, anziché chiamare condono il condono e bugiardo chi lo nega, ha pronto un intero dizionario dei sinonimi alla vaselina per evitare il rigetto in edicola, in salotto e soprattutto nelle urne. Repubblica parla, nell’ordine: 1) di una fantomatica “caccia al tesoro in nero e in contanti” (e pare già di vederla la Finanza sguinzagliata da Renzi e Padoan in un mega-rastrellamento di evasori da punire draconianamente); 2) di un virtuoso tentativo di “convincere i titolari di questi tesoretti (che carini, ndr) a firmare la pace con l’erario”; 3) di “un armistizio”. Finalmente la guerra è finita: non è meraviglioso? Resta da capire chi l’abbia scatenata, e tra chi si sia combattuta: forse tra i fessi che si ostinano a pagare le tasse fino all’ultimo centesimo e chi non le paga facendosi mantenere da loro e facendola franca anche stavolta?Bei tempi, quando c’era B. e si potevano chiamare le cose con il loro nome, almeno su certi giornali. Se Bush jr., per dire, si sperticava in elogi al nostro premier o si impicciava nella nostra politica, si strillava all’interferenza degli amerikani al grido di “Yankees go home”. Ora che Obama ci dice come votare al referendum per cestinare la nostra vecchia Costituzione (ha addirittura 70 anni, mica come la sua che ne ha appena 227), Stefano Folli trova che “il voto di fiducia dell’Amministrazione Obama a Renzi non sorprende nessuno”. Del resto, informa Repubblica, “sono in fiore le rose del giardino di fronte allo Studio Ovale, il sole splende, centinaia di persone assiepate con le bandierine tricolori e a stelle e strisce accolgono i due presidenti…”. Sarà la gioia dell’armistizio, della pace ritrovata tra il fisco italiano e gli evasori. Quelli che, in America e nel resto del mondo, l’armistizio e la pace li firmano in galera.Ps. Non bastando il condono, altre emergenze vomitorie costringono purtroppo agli straordinari il giornalismo antiemetico: tipo la falsa testimonianza della deputata Pd Micaela Campana che, sentita al processo Mafia Capitale, è riuscita a infilare 39 “non ricordo” in meno di due ore (uno ogni tre minuti), stracciando il precedente record detenuto da Andreotti al processo di piazza Fontana. Siccome la gentildonna, al telefono con Buzzi, lo chiamava “grande capo” e lo copriva di baci, Renzi l’ha confermata membro della Segreteria e responsabile del Welfare e del Terzo Settore. Ce n’è abbastanza per scatenare, sulla scia del caso Di Maio-Muraro, una bella campagna dal titolo “Renzi sapeva?”. Invece anche ieri La Stampa chiama “bugie fattuali” e “menzogne” le dichiarazioni di Di Maio sulle note spese per impegni politici e istituzionali, con tanto di scontrini da lui stesso presentati (mica come quelle di Renzi sindaco, ancora prive di giustificativi), e sulla restituzione di parte dello stipendio. Ma non riesce proprio a usare le stesse parole per la deputata Pd, che ora i giudici accusano di un reato (falsa testimonianza): la Campana è “smemorata” e le sue balle sono “silenzi”. Povera stella, sarà un po’ giù di voce per la brutta influenza che gira.
Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano, 20 ottobre 2016
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