Con festoso e comprensibile giubilo, il Pd è lieto di comunicare agli eventuali elettori che, sulla Costituzione, sta realizzando il programma di Berlusconi. Cliccare nel sito BastaunSì, alla voce “I punti in comune tra riforma costituzionale e programma del Pdl 2013”, con sventolio di bandiere e simboli del centrodestra, per credere. L’idea, che definire geniale sarebbe riduttivo, si deve allo staff dei comunicatori renziani: un trust di cervelli composto dalla regista Simona Ercolani (passata da “Sfide” a “Sfighe”), dal tesoriere Francesco Bonifazi e dai guru americani Jim Messina e David Hunter, che incassano tanto oro quanto pesano (soldi del partito, cioè nostri). Il Quartetto Geni ha sentito dire al Capo che “il referendum si vince a destra” e ha subito provveduto, tentando di dimostrare agli ex elettori Pdl, ora Forza Italia, che Renzi sta realizzando il progetto che hanno sempre sognato. Il guaio è che il sito Bastaunsì è frequentato quasi esclusivamente dalla base Pd, quindi immaginate la reazione di questa brava gente: finché certe cose le diceva il Fatto, poteva anche infischiarsene, ma ora che confessa pure il Pd, beh, insomma.Il bello è che, leggendo il testo, le presunte consonanze fra l’ultimo programma Pdl e la “riforma” Boschi-Verdini non si notano granché. Le tre promesse berlusconiane che Renzi&C. dicono di aver mantenuto sono quanto di più generico si possa immaginare, e comunque non sono state realizzate: “Revisione dei regolamenti parlamentari e snellimento delle procedure legislative, con tempi certi per l’approvazione delle Leggi” (roba che metterebbe d’accordo tutti, se fosse vera, e purtroppo, con le 10 o 13 diverse procedure di approvazione delle leggi previste dalla “riforma”, non lo è); “Riforma del bicameralismo, Senato federale, dimezzamento del numero dei parlamentari e delle altre rappresentanze elettive” (i parlamentari non vengono dimezzati, ma ridotti di appena un quinto e il Senato non è più elettivo, ma nominato dai Consigli regionali); “Abolizione delle Province tramite modifica costituzionale” (già modificate con la legge Delrio del 2014, le Province non sono abolite: hanno solo cambiato nome e ora non sono più elette dal popolo, ma nominate dai consigli comunali). Così la genialata sortisce il risultato opposto a quello desiderato: convince gli elettori Pdl che il programma di B. era un po’ meno peggio di quello di Renzi; dimostra che il Pd mente su tutto e sempre; e fa incazzare vieppiù gli elettori Pd. I quali, nel 2013, di programma ne avevano votato un altro: “Italia Bene Comune” del Pd bersaniano.Che prometteva ben altro: “Dobbiamo sconfiggere l’ideologia della fine della politica e delle virtù prodigiose di un uomo solo al comando… La sola vera risposta al populismo è la partecipazione democratica” con “l’applicazione corretta e integrale di quella Costituzione che rimane tra le più belle e avanzate del mondo” e “un sistema parlamentare semplificato e rafforzato”. Non una parola sul Senato non più elettivo.Ma la disperazione è una brutta bestia e gioca pessimi scherzi. Tipo quello capitato martedì sera al premier, che ha occupato Politics per rianimare l’anestesista Semprini, ed è riuscito a perdere persino contro il mite Di Maio, che a DiMartedì, nei 40 minuti di sovrapposizione con lui, ha attirato più telespettatori. Del resto il sito BastaunSì è un generatore inesauribile di bugie, boiate e autogol. La vittoria del Sì trasformerebbe l’Italia nel Regno di Saturno, mentre quella del No sarebbe l’Apocalisse: “Confindustria: col No Pil -4% e l’Italia ripiomba in recessione”; “Napolitano: ‘Riforma decisiva per la crescita del lavoro’”; “Perché la riforma costituzionale aiuterà il turismo italiano” (ma anche la lotta alla forfora); “Il rilancio del Sud passa per la riforma costituzionale”, “La riforma può irrobustire le politiche sociali”, “Una riforma contro caste e privilegi” (tipo l’immunità ai sindaci e ai consiglieri regionali promossi senatori); “La riforma del Titolo V alleggerisce le bollette di gas, luce e acqua”; “La riforma tutela le aree montane”, “L’appello dei sindaci di montagna per il Sì” (ancora incerti quelli di collina). Anche gli aspetti più imbarazzanti della “riforma”, tipo gli articoli della Carta che moltiplicano per 50 le parole di quelli originali, diventano unguenti balsamici e curativi: “Più dettagli, meno incertezze. Perché l’articolo 70 passa da 9 a 439 parole”. Non mancano le istigazioni a delinquere: “La riforma costituzionale è il primo passo, non il traguardo” (minacce aggravate); “Chiama un amico e parlagli del tuo Sì” (stalking e molestie telefoniche); “Guzzetta: ‘De Gasperi, Moro e Sturzo volevano una democrazia governante’”, “Carlo Azeglio Ciampi e quell’impegno morale a ‘fare di più’”, “Il Referendum e la commedia di Eduardo” (appropriazione indebita e vilipendio di cadavere).Quanto ai testimonial del Sì, sarebbero capaci di mettere in fuga pure Nardella e la Picierno: “Casini e Pera: ‘Il centrodestra voti Sì’”, “Della Vedova: ‘Votai sì alla riforma del 2006, voterò Sì nel 2016’”; “Feltri: ‘Meglio una riforma criticabile che il vecchio sistema fallito’”; “Pera e Urbani, appello per il Sì”; “Taradash: Liberali per il Sì”, “Violante e Pera: perché voteranno Sì”, “Anche l’ex sindaco Albertini vota Sì” (e sono tutte belle soddisfazioni). Viceversa, il No è “un’Armata Brancaleone”. E pensare che al referendum mancano ancora 50 giorni. Figurarsi quando ne mancheranno 5. A quel punto, volendo alzare il tiro un altro po’, il Quartetto Geni escogiterà lo slogan decisivo per convincere gli ultimi incerti: “I punti in comune tra riforma costituzionale e Piano di Rinascita Democratica di Licio Gelli”.
Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano, 13 ottobre 2016
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