Quando abbiamo saputo del faccia a faccia Renzi-De Mita stasera chez Mentana, il primo istinto è stato quello di organizzare un sequestro di persona per rinchiudere l’anziano leader democristiano in un covo dotato di tutti i comfort, ma ben sorvegliato per impedire la fuga dell’ostaggio fino al 5 dicembre mattina. Il trappolone che ha in mente il premier è talmente plateale – dimostrare che il Sì è nuovo e giovane (c’è pure Napolitano), mentre il No è vecchio e decrepito – che chi spera nella bocciatura del ddl Boschi-Verdini soffrirà non poco stasera davanti a La7. Tantopiù che tra le doti dello statista irpino non si ricordano la concisione né la battuta pronta, qualità necessarie per bucare il video e per stanare quell’anguilla del premier. L’unica speranza è che l’eloquio circonvoluto e soporifero dell’ex segretario Dc, uso a tradurre simultaneamente in italiano i pensieri che gli sopraggiungono in avellinese stretto, narcotizzi il giovin Matteo e lo mandi al tappeto. La biografia demitiana è lastricata di vittime illustri: Margaret Thatcher, a un vertice europeo, iniziò a picchiettare sull’auricolare pensando a un guasto, invece l’interprete si era bloccato e arreso dinanzi alla prosa indecifrabile del noto anestesista nuschese. Da quello choc Maggie non si riebbe più e da allora imboccò l’inesorabile viale del tramonto.Ecco: perso per perso, il confronto di stasera potrebbe persino riservarci qualche felice sorpresa. Soprattutto se De Mita sfoderasse l’arma segreta: la lettura integrale dell’articolo 70 della nuova Costituzione, che sostituisce le 9 parole dell’attuale con 439 lemmi di un idioma cuneiforme, di ceppo non indoeuropeo. A quel punto Renzi, irretito e impaniato dalle infinite subordinate a grappolo del discorso demitiano, potrebbe distrarsi e fare lo spiritoso: “Scusa, Ciriaco, potresti tradurre in italiano?”. E lì De Mita avrebbe buon gioco nel rammentargli che quella prosa sanscrita, o forse ostrogota, o magari sumera, o più probabilmente fenicia, è opera dei riformatori-semplificatori renziani. Sarebbe un trionfo.Ma se anche Renzi strapazzerà De Mita, non siamo così certi che migliaia o milioni di elettori passeranno dal No al Sì. Per un motivo semplice che il premier si ostina a non capire: il giochino del “chi sta con chi” non funziona. Certo, molti elettori del No preferirebbero non trovarsi sulla stessa posizione di De Mita, B., Brunetta, Pomicino, Salvini, D’Alema e Monti. E lo stesso vale per Grillo, non certo amato dal popolo della sinistra che adora la Costituzione ma diffida dei 5Stelle.Idem, a parti rovesciate, per i 5Stelle che si trovano sulla stessa sponda di Bersani (se non cambia di nuovo idea). Ma la stessa cosa, specularmente, si può dire del fronte del Sì. Quanti elettori renziani simpatizzano per Verdini? E Verdini non è solo un sostenitore del Sì: è uno degli autori della “riforma”, avendola materialmente scritta insieme alla Boschi. E fosse solo Verdini (appena raggiunto da Tredicine, imputato per Mafia Capitale): vogliamo parlare di Cicchitto, Bondi, Formigoni, Lupi, Alfano, Albertini (appena salvato dal Pd con un’immunità che non gli spettava), Ferrara, Feltri, Il Foglio, l’ambasciatore Usa, Marchionne, Confindustria, JP Morgan ecc.? Eppure è giusto che chi ritiene la “riforma” migliorativa della Costituzione voti Sì a prescindere dai compagni di strada, così com’è giusto che chi la ritiene peggiorativa voti No senza curarsi delle pecore nere del proprio campo. È il referendum, bellezza: le opzioni sono soltanto due e scandalizzarsi per l’eterogeneità dei due fronti è da stupidi. Infatti la prima a sottolineare come patologico questo fatto fisiologico fu quel genio della Boschi: “Chi vota No vota come Casa Pound”. E non si accorse della baggianata che stava dicendo, tantopiù che stava dando dei nazifascisti ai partigiani dell’Anpi, che negli stessi giorni si schieravano per il No. Il fatto poi che persino i fascisti si preoccupino del futuro della democrazia in sintonia coi partigiani avrebbe dovuto suggerire alla spensierata (nel senso etimologico del termine) ministra qualche riflessione, casomai ne fosse capace.Queste polemicuzze non sfiorano neppure il nostro giornale, che fin dalla nascita ha sempre difeso la Costituzione da chiunque la minacciasse – B., Napolitano, Letta e ora Renzi – e si è schierato contro la schiforma non appena fu resa nota, nel marzo 2014, quando pochi costituzionalisti parlavano di “svolta autoritaria” a proposito dell’incrocio con l’Italicum e nessun giornale (tranne il nostro) osava pubblicare il loro appello e nessun leader politico diceva No. Ma è illuminante che sia proprio il fronte del Sì a rinfacciare a quello del No i loro compagni di strada. La risposta migliore non è la più immediata: “Siete come il bue che dà del cornuto al bue” (copyright Pippo Civati). Ma è un’altra: “Studiate la storia dell’Assemblea costituente e scoprirete che la Costituzione fu approvata quasi all’unanimità da un fronte amplissimo ed eterogeneo, che andava da alcuni ex fascisti ai monarchici ai liberali ai democristiani agli azionisti ai socialisti ai comunisti, molti dei quali sognavano ancora la rivoluzione proletaria. Quindi se oggi, a difenderla, ci sono vecchi partigiani e democristiani, comunisti e socialisti, liberali e repubblicani, progressisti e conservatori, persino qualche fascista, non è strano. È normale, anzi doveroso. Non è un’elezione politica, non ci sono alleanze da stringere né governi da fare insieme: il 5 dicembre ciascuno andrà per la sua strada. Ma la Costituzione è di tutti e tutti devono riconoscervisi e difenderla. Soprattutto chi ha giurato di esserne il garante supremo e poi dice a Scalfari che vota Sì”.
Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano, 28 ottobre 2016
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