Le falsità e le mistificazioni su questa Riforma

Riporto una parte del discorso del pm Nino Di Matteo intervenuto qualche giorno fa a “Una notte per la Costituzione”, evento organizzato dal Comitato “Liberi cittadini per la Costituzione” a Palermo.
Trascrizione dell'intervento del magistrato di Palermo, Nino Di Matteo a cura di Giorgio Bongiovanni 

Reputo quasi doveroso, anche nella mia veste di magistrato, un giudizio sulla riforma costituzionale sulla quale siamo chiamati a votare con il referendum del quattro dicembre. 
Voglio fare due premesse, che sono mie convinzioni che credo orientino tutto il giudizio successivo sul contenuto nella riforma.
La prima premessa è che questa riforma costituzionale è stata adottata da un Parlamento eletto, o meglio di nominati piuttosto che eletti, sulla base di una legge elettorale dichiarata dalla Corte costituzionale illegittima. La sentenza è del quattro dicembre 2013, nove mesi dopo l'elezione del Parlamento oggi in carica, eppure a nessuno, né al Quirinale né ai Governi che si sono succeduti Letta e Renzi se non a pochi nello stesso Parlamento, è venuto in mente che un Parlamento eletto con una legge incostituzionale, a mio parere, non può avere la legittimazione morale necessaria a modificare profondamente la Costituzione.
Seconda premessa: la riforma è stata ideata e ostinatamente voluta dal Governo della Repubblica con la pressione e l’etero direzione dell'ex Presidente della Repubblica Napolitano. Gli ultimi Governi sono stati presieduti da chi non era stato nemmeno eletto. Allora non dimentichiamo come è nata questa riforma, non dimentichiamo da chi e come è stata approvata. E’ stata scritta dal Governo e questo già a prescindere dal merito costituisce un vizio molto grave perché i Governi sono espressione della maggioranza dunque sono di parte, mentre la scrittura della legge fondamentale dello Stato dovrebbe essere esclusiva competenza del Parlamento che rappresenta il popolo sovrano o di assemblee costituenti elette con sistema proporzionale in modo da essere il più possibile rappresentativa delle varie componenti politiche sociali e culturali presenti nel Paese.
C'è uno scritto di Piero Calamandrei “Come nasce la nuova Costituzione” che è stato pubblicato nel gennaio del 1947, leggo testualmente:  “Nella preparazione della Costituzione il Governo non ha alcuna ingerenza. Nel campo del potere costituente non può avere alcuna iniziativa neanche preparatoria. Quando l'assemblea discuterà pubblicamente la nuova Costituzione i banchi del Governo dovranno essere vuoti. Estraneo del pari deve rimanere il Governo alla formulazione del progetto se si vuole che questo scaturisca interamente dalla libera determinazione dell'Assemblea sovrana”. 1947, poco prima dell'approvazione della nostra Carta costituzionale.
Altra premessa: non si può scindere in nessun momento valutativo il giudizio sulle modifiche alla Costituzione da quello sulla legge elettorale. Le modifiche alla Costituzione riguardano principalmente le funzioni dei due rami del Parlamento. La legge elettorale riguarda ovviamente la procedura di nomina e quindi la composizione nel Parlamento.
La nuova legge elettorale, lo ricordava l'onorevole Sarti, ripropone le stesse caratteristiche, gli stessi vizi di quella dichiarata incostituzionale con la sentenza del dicembre 2013 che lede gravemente il principio di rappresentatività sacrificato sull'altare della stabilità dei Governi.
La sentenza della Corte sul cosiddetto “Porcellum” censurava pesantemente, leggo testualmente, “un meccanismo di attribuzione del premio di maggioranza manifestamente irragionevole” e “una disciplina che priva l'elettore di ogni margine di scelta dei propri rappresentanti”.
I due vizi che sono indicati perfettamente in questa sentenza della Corte costituzionale ricompaiono nell’“Italicum”. Basta ricordare che in esito al ballottaggio previsto dall’Italicum è ben possibile che una lista che abbia ottenuto anche semplicemente il 21%  dei voti conquisti il 54% dei seggi.
E basta sottolineare il dato che più del 60% dei deputati sarebbero nominati dai partiti e non scelti dagli elettori. Se si tiene conto del forte astensionismo delle ultime tornate elettorali ci si rende conto che un gruppo politico, che rappresenta una minoranza anche piuttosto esigua di cittadini, con questo sistema elettorale può mettersi in mano il Paese, eleggere il Presidente della Repubblica e i componenti laici del Consiglio Superiore della Magistratura e i giudici della Corte costituzionale senz'altro sempre attraverso questo meccanismo.
Io credo che ognuno possa avere qualsiasi idea, che è cosa legittima ma non possiamo sopportare le bugie e le mistificazioni continuamente abilmente amanite a sostegno della riforma. Sono costretto a ripetere alcune considerazioni già svolte. La riforma non abolisce il Senato e non abolisce il bicameralismo lo rende solo tremendamente più confuso.
Il Senato continua ad esistere sarà composto da novantacinque senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e cinque senatori che possono essere nominati dal presidente la Repubblica. Il meccanismo che si viene a creare è di confusione istituzionale totale! Sulla designazione dei senatori, sull'impiego part-time di sindaci e consiglieri regionali che, non si capisce quando fino a quando potrebbero fare i Sindaci o i consiglieri regionali e quando i senatori, sul continuo avvicendamento, nel nostro sistema non tutti i Sindaci con tutti i Consiglieri regionali vengono eletti nello stesso momento o nello stesso anno, avremmo in Senato un continuo avvicendamento di senatori che magari sono stati sindaci fino a quel momento e poi devono cedere lo scranno da senatore all'altro sindaco che nel frattempo viene eletto. 
Una confusione totale. L’unica certezza è l’acquisizione per molti sindaci e consiglieri regionali di spazi di immunità penale. 
Senza ovviamente generalizzare e demonizzare le categorie dobbiamo però vederlo in una situazione come quella italiana, dove c’è una percentuale alta di politici e amministratori, nei Consigli regionali e nelle Amministrazioni comunali, che hanno problemi con la giustizia.
Quando leggiamo che la riforma finalmente abbatte i costi della politica io penso e mi chiedo da semplice cittadino ma perché piuttosto che smantellare un assetto costituzionale assolutamente rodato e consolidato non si riduceva semplicemente proporzionalmente il numero dei deputati e dei senatori senza stravolgere l'assetto costituzionale?
Altra mistificazione: nella riforma si parla tanto di semplificazione, mi consentirete di perdere cinque minuti di tempo per dimostrarvi attraverso una semplice lettura quanto la semplificazione sia uno slogan assolutamente falso.  L'iter di formazione delle leggi non è per niente semplificato semmai la riforma lo complica e crea le condizioni per un clima di perenne conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato. 
Articolo 70 nella formulazione attuale della Costituzione vigente: “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”. Nella Costituzione vigente nove parola. Nell’articolo 70 del progetto di riforma Renzi-Boschi quelle nuove parole diventano 434.
Scusate ma io penso che lo dobbiamo leggere: “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione alle altre leggi costituzionali e soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche referendum popolari le altre forme di consultazione di cui all'articolo settantuno per le leggi che determinano l'ordinamento la legislazione elettorale gli organi di governo le funzioni fondamentali dei Comuni delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni per la legge che stabilisce le norme generali e le forme i termini della partecipazione dell'Italia e la formazione all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, per quella che determini casi di ineleggibilità ed incompatibilità con l'ufficio di senatori di cui all'articolo sessantacinque primo comma e per leggi di cui articolo cinquantasette sesto comma ottanta secondo periodo centoquattordici terzo comma centosedici terzo comma centodiciassette quinto il nono comma, centodiciannove sesto comma centoventi secondo comma centoventidue primo comma centotrentadue secondo comma.
Le stesse leggi ciascuna come oggetto proprio possono essere abrogate o modificate o derogate solo in forma espresse e da leggi approvati a norma del presente comma…”. Scusate ancora non sono nemmeno a metà e comunque la lettura per chi ci riuscirà vi prego di completarla voi perché altrimenti tutto il tempo a mia disposizione va avanti sulla lettura di questo articolo 70.
Io credo che da semplice laureato in giurisprudenza si debba dire che non c'è nessuna semplificazione anzi c'è una moltiplicazione dei processi legislativi c'è un clamoroso intricarsi delle procedure e dietro l'angolo c'è la paralisi del Parlamento per favorire la supremazia del Governo e il suo potere.
La nuova normativa che poi riguarda il tema fondamentale della formazione delle leggi dello Stato è prolissa e tortuosa sembra fatta apposta per confondere le idee per tenere i cittadini lontani dalla Costituzione.
Per consegnare la Democrazia, per legarla mani e piedi, in mano agli uscieri del palazzo, ai professionisti del cavillo e ai professionisti della politica nel senso deteriore del termine.
Ma il giudizio su questa riforma deve anche prescindere dalle singole norme, si deve formulare con una visione di insieme di contesto più alta rispetto alla mera e parcellizzata analisi delle singole modifiche costituzionali. Questo giudizio deve anche tenere conto di una seria analisi storica di quanto accaduto in Italia negli ultimi quarant'anni.
Questa riforma crea uno spostamento grave dell'equilibrio tra i poteri in funzione del rafforzamento dell'esecutivo e dello svilimento del potere legislativo. 
Ma d'altra parte basta leggere la relazione che accompagna il disegno di legge di riforma costituzionale per capire quali sono gli scopi della riforma costituzionale.
Vi si legge, nella relazione che accompagna il disegno di legge, che “la revisione della parte seconda della Costituzione non può più attendere per il necessario processo di adattamento dell'ordinamento interno alle nuove sfide. Segue una lista dei problemi a cui secondo il Governo la riforma rimedierà:
1- L'esigenza di adeguare l'ordinamento interno alla recente evoluzione della governance economica europea e alle relative stringenti regole di bilancio. governance europea ed esigenze di bilancio
2- Le sfide derivanti dalla internazionalizzazione dell'economia dal mutato contesto della competizione globale 
3- L’elevata conflittualità tra i diversi livelli di governo dovuta alle spinte verso una compiuta attuazione della riforma del Titolo quinto della Costituzione 
4- La cronica debolezza degli esecutivi nell'attuazione del programma di governo la lentezza e la farraginosità dei procedimenti legislativi ricorso eccessivo alla decretazione d'urgenza eccetera..”
Cosa di evince dalla relazione che accompagna il disegno di legge?
Che è urgente e rendere più forte il Governo per adeguarsi alla austerità imposta dall'Unione europea e alle regole di mercato dell'economia globale e per imbrigliare regioni comuni con le rinnovate esigenze di un governo unitario.
Io credo che, se questi sono gli scopi e questa è la direttrice di fondo di tutta la riforma, non possiamo dimenticare che nell'iter di formazione di questa riforma, accanto parallelamente al percorso istituzionale se ne svolgeva un altro a mio parere molto più incisivo e decisivo che si è mosso fuori dalle istituzioni della Repubblica ed è iniziato prima della proposta Boschi e probabilmente l’ha ispirata se non determinata.
A cosa mi riferisco? “Dopo le due lettere dall'Europa dalla BCE e dal commissario per l'economia dell'Unione europea del 2011 dopo le dimissioni di Berlusconi e la nascita del Governo Monti, la tappa più significativa è il documento dedicato, (si intitola così) “Alla narrazione su come gestire la crisi” da una grande compagnia di gestione degli investimenti che amministra 1800 miliardi di dollari” JP Morgan.
Per capire da che pulpito viene questa predica dobbiamo ricordarci che nel novembre 2013 JP Morgan pagò al Governo degli Stati Uniti una gigantesca multa di tredici miliardi di dollari dopo avere ammesso di avere venduto a piccoli investitori prodotti finanziari inquinati.
Cosa si legge in quelle documento? Venne pubblicato il 28 maggio 2013, l'ho trovato facilmente in rete, quel documento accusa le costituzioni dei paesi della periferia meridionale approvate dopo la caduta del fascismo di essere “un ostacolo al processo di integrazione economica e anzi causa della crisi in quanto risentono di una forte influenza socialista”. Al tempo stesso però il documento dichiara che “in uno dei Paesi della periferia meridionale, cioé saremmo noi l'Italia, il nuovo Governo può chiaramente impegnarsi in importanti riforme politiche”.
Sarà poi il Governo Renzi a condurre disciplinatamente in porto le riforme mettendo mano alla Costituzione su due dei punti essenziali suggeriti da JP Morgan. “Governi deboli rispetto i Parlamenti - di questo si lamentava il grande colosso bancario e finanziario - e Stati centrali deboli rispetto alle Regioni”.
Mi pare che la riforma costituzionale, sarà forse un caso, risponda a queste due indicazioni date nel documento che vi ho letto.
Non vorrei che si realizzasse quello che Leonardo Sciascia diceva nel 1978 quando parlava del Parlamento in quel momento in carica. “Il potere  è altrove” scriveva Leonardo Sciascia - deplorando un Parlamento di anime morte che non hanno mai avuto un pensiero proprio.
Io credo che la linea fondante della riforma affonda le radici in un'idea di Stato che si avvicina molto ad una sorta di dittatura dolce fondata non su una Democrazia, sulla partecipazione del popolo e sulla sovranità del popolo ma su un potere oligarchico che obbedisce esclusivamente alle leggi e gli interessi dell'economia e della finanza internazionale.
E questa idea di Stato, cerchiamo di volare alto e di guardarci attorno e indietro, per la prima volta nel dopoguerra venne delineata nel Piano di rinascita democratica della P2 di Licio Gelli.
Ricordava Aaron Pettinari la celebre intervista di Gelli da Maurizio Costanzo il 5 ottobre 1980 pubblicato sul Corriere della Sera “Qualora fossi eletto il mio primo atto sarebbe una completa revisione della Costituzione; era un abito perfetto quando fu indossato per la prima volta per la nostra Repubblica ma oggi è un abito liso e sfibrato e la Repubblica deve stare molto attenta nei suoi movimenti per non rischiare di romperlo definitivamente. E’ il parto dell'Assemblea Costituente avvenuto in un momento del tutto particolare nella vita della nostra nazione ma che oggi a cose assestate risulta inefficiente e inadeguato”.
Sono passati quasi quarant'anni, questo per dirvi che l'attacco alla Costituzione comincia molto prima del Governo Renzi. Dopo Licio Gelli analoghi progetti sostanzialmente volti a favorire sempre l'esecutivo a scapito del legislativo e del giudiziario via via sono stati portati avanti con fortune alterne mai portati a termine, da Cossiga, dal Governo Craxi  e ultimamente da un Governo Berlusconi con una reazione che in quel caso fece gridare a tutti che dovevamo difendere la Costituzione più bella del mondo, riguardò anche coloro i quali oggi invece sono schierati per stravolgere la nostra Costituzione.
Da Gelli ad oggi ci sono quarant'anni di tentativi per ribaltare gli assetti fondamentali della nostra Carta costituzionale.
La posta in gioco è la realizzazione definitiva di un progetto che viene da molto lontano e che lega quarant'anni di costante assedio alla Costituzione. L’obiettivo di questo referendum non può essere la permanenza o meno di Renzi al Governo ma l'obiettivo è ben altro, è la definitiva decostituzionalizzazione a scapito della partecipazione dello Stato dei cittadini che servono come sudditi impotenti e perciò apatici da governare. 
Non possiamo permetterci il nome della parola d'ordine governabilità che il bastone del comando venga attribuito ad un solo uomo al potere più facilmente manovrabile in dispregio del fondamentale principio della separazione dei poteri.

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