Sì ride di gusto

Al netto delle balle, degli insulti, delle minacce, dei ricatti, dei voti comprati e delle molestie postali, questa campagna elettorale verrà ricordata come un periodo di irresistibile svago.Apprendiamo da La Stampa che il sindaco di Cagliari Massimo Zedda, ex Sel, “ha annunciato che non aderirà a Sinistra Italiana e con Giuliano Pisapia (ex Sel anche lui, ndr) ha inaugurato, sul referendum, una posizione inedita: non dicono cosa voteranno, ma annunciano cosa non voteranno. E naturalmente, guarda un po’, non voteranno No”. Non è meraviglioso? Siccome non sanno come va il referendum, si tengono buono Renzi, ma anche chi eventualmente verrà dopo: dunque dicono no al No, ma non dicono Sì. Dovesse vincere il No, potranno sempre dire di essersi astenuti oppure – se si dovesse scoprire che hanno votato – di aver annullato la scheda scrivendo un bel Ni, o Boh.Il giovane banchiere Giuseppe Guzzetti (ha solo 82 anni), già presidente Dc della Regione Lombardia, senatore, presidente della Fondazione Cariplo e ora dell’Associazione fondazioni e casse di risparmio, siccome il No è la Casta, ha deciso di votare Sì. Non senza un lacerante tormento interiore: “Ci può essere una situazione di incertezza dopo il voto in caso di esito negativo che può avere grosse conseguenze sulla nostra economia e sul sistema bancario. Per questo, voterò Sì”. Il nesso causale fra il nuovo Senato e lo stato pietoso di alcune banche sfugge ai più, visto che non c’è una sola sillaba, nei 47 articoli della “riforma”, che riguardi il credito. Ma il giovanotto ipotizza una “situazione di incertezza” casomai la Costituzione restasse quella che è, cioè nello stato di massima certezza immaginabile: dunque lo zuzzurellone vota Sì. S’intende che, se fallirà una banca, la colpa non sarà dei banchieri che l’hanno così bene amministrata, compresi alcuni augusti membri della sua Associazione, ma del perfido popolo italiano. Urge azione di responsabilità contro gli elettori.Alla periferia di Roma c’è una scuola elementare e media molto fortunata. Non perché sia intitolata all’incolpevole Pablo Neruda. Ma perché è stata scelta dal Caro Lider per celebrare la prima Giornata per la sicurezza nelle scuole. Lì gli incolpevoli scolari hanno dovuto inscenare una festosa cerimonia in onore degli artefici massimi della Buona Scuola: Matteo Renzi e Stefania Giannini, seduti nei banchi in prima fila accanto all’ad di Cassa depositi e prestiti e al presidente della Banca europea per gli investimenti.“Ragazzi, questi signori sono quelli che mettono i soldi”, ha spiegato poetico il premier, su testi di Vincenzo De Luca. In un moto spontaneo e irrefrenabile di amore adolescenziale per la delegazione governativa, i ragazzi – tutti in divisa con una maglietta gialla, da figli non della Lupa, ma della Leopolda – hanno innalzato scritte variopinte inneggianti la “Buona scuola”, tra gli applausi scroscianti di dirigenti, insegnanti, allievi, genitori e graditi ospiti, con la colonna sonora di Viva la vida, Happy e soprattutto Here comes the sun (“Sta arrivando il sole, va tutto bene”: e chi fosse il sole, nella circostanza, non stiamo qui a specificarlo: non era la Giannini, ecco). La scena ricorda quella di un’altra celebre visita scolastica del premier: all’istituto Raiti di Siracusa, dove fu accolto dal jingle personalizzato “Facciamo un salto, battiam le mani, ti salutiamo tutti insieme presidente Renzi”. Alla Neruda, però, qualcosa è andato storto. Alcuni ragazzi, forse dotati di spirito critico o magari di un pizzico di sense of humour, oppure atterriti dalla prospettiva di dover poi saltare nel cerchio di fuoco, se la sono data a gambe. Ma la patriottica dirigente scolastica li ha prontamente richiamati all’ordine: “Questo è un giorno di lezione, state qui, sennò dovete portare la giustificazione!”. Poi, sorridendo al Caro Lider e a quelli che mettono i soldi, ha aggiunto: “La nostra scuola è stata costruita in soli due anni grazie alla buona volontà del governo che ha stanziato le risorse necessarie”, lasciando nei ragazzi la fastidiosa sensazione di essere stati presi in giro: questi benedetti soldi chi li avrà messi? I due banchieri? Il governo della buona volontà? Renzi e la Giannini di tasca propria? Al momento del commiato, distrattamente in forza dell’abitudine, pare che il premier abbia fatto per estrarre i dépliant di BastaunSì con Zagrebelsky, D’Alema, De Mita, Grillo e le ultime istruzioni sul Cnel. Ma una voce pietosa alle sue spalle l’avrebbe dissuaso: “Lasci stare, i ragazzi non votano”. Quanto alla dirigente votante, non pareva bisognosa di ulteriori incoraggiamenti in aggiunta alle virili parole di Sua Eccellenza Giannini: “C’è un Paese che rivede l’orizzonte, la speranza, la Luce”. Duce, tu sei la Luce.Ps. Ci sarebbe poi l’impareggiabile servizio (ovviamente di lingua) trasmesso da Politics, il programma-samizdat di Rai3 con Gianluca Semprini (o Sempronio, non è ben chiaro), su un malato di cancro costretto dalla Costituzione a emigrare dalla Puglia in Lombardia per essere curato, cosa che – ha spiegato la ministra Boschi in un aspro confronto col neobaffuto conduttore – non accadrebbe mai più se vincesse il Sì, fermo restando (ci mancherebbe) che lei non strumentalizza le malattie per bieche finalità elettorali: non sarebbe da lei. Ma per fortuna nessuno ha visto niente: martedì Politics, pur ravvivato dalla verve sepolcrale di Claudio Cerasa, ha stabilito il nuovo record negativo di tutti i tempi per un talk Rai: il 2,1% di share. Le esequie si terranno dopo il referendum in un luogo abbastanza capiente per contenere tutti i telespettatori in gramaglie: una cabina telefonica.

Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano, 24 novembre 2016

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