Cosa faremo se vincerà il Sì? Questa domanda me l’hanno
posta in molti durante gli incontri ai quali ho partecipato in questi mesi di
militanza costituzionale. È facile prevedere che se vincerà il Sì Renzi avrà un
potere enorme legittimato non soltanto dalla fiducia del Parlamento, ma anche
dal plebiscito, vale a dire dal consenso esplicito e diretto della maggioranza
del popolo. Potrà, di conseguenza, avere un controllo assoluto del Pd (impresa
del resto facile, visto lo spirito servo che aleggia da quelle parti). Potrà
avere ancora maggiore forza per condizionare il presidente della Repubblica,
peraltro poco incline a limitare l’esuberante presidente del Consiglio. Potrà
tenere in pugno la maggioranza di governo, e quindi fare approvare le leggi che
vorrà, ordinarie e costituzionali.E, visto il fastidio nei confronti di ogni
limite al suo potere, ci sarà una nuova ondata di riforme volta a ridurre i
poteri della Corte costituzionale, rea di permettersi di bloccare le sue leggi
e, probabilmente, a ridurre le prerogative del capo dello Stato (per esempio
togliergli la facoltà di sciogliere le Camere, un potere che fa gola al Renzi,
visto che non perde occasione, quando gli fa comodo, di minacciare le elezioni,
come se questo potere lo avesse già in mano). Se vincerà il Sì dovremo inoltre
convivere con dei compatrioti che hanno volontariamente scelto di rinunciare al
diritto di eleggere i senatori e di alienarlo a vantaggio dei Consigli
regionali, la parte più corrotta di una casta corrotta. Alcuni di loro
voteranno Sì perché non hanno capito: hanno creduto alle menzogne e alle
scempiaggini che il governo ha propinato per mezzo di una propaganda ossessiva.
Altri voteranno Sì, invece, perché hanno capito benissimo che cosa comporta la
riforma e sono felici di privarsi di un diritto di sovranità che per loro ha
ben poco valore in vista di benefici ben più sostanziosi, quali i denari che il
governo ha promesso, i posti, le prebende e via discorrendo. Altri ancora, gli
intellettuali-cortigiani, voteranno sì perché vedono più a fondo e oltre: con i
loro raffinati metodi interpretativi, hanno capito che la riforma fa
letteralmente ribrezzo, ma sanno che ci sono considerazioni di maggior valore e
dunque correranno alle urne. Se vincerà il Sì avremo dunque un padrone della
Repubblica, sostenuto da illusi, da servi volontari, da cortigiani astuti.
Davvero uno scenario da brividi. Del tutto comprensibile che molti, e io con
loro, pensino a un dignitoso addio alle armi, per ritirarsi negli studi, nella
vita privata e professionale o, come già fanno molti giovani, andarsene da un
Paese che sarà ancora più invivibile per chiunque abbia un minimo di dignità
personale.Ma è una tentazione da vincere. In questi mesi abbiamo visto anche
migliaia di donne e di uomini che si sono impegnati, non per interesse, o per
spirito di fazione o per opportunismo, ma solo perché hanno sentito il dovere
di farlo: perché hanno sentito in coscienza il dovere di lottare per vivere
liberi. Non hanno avuto paura di sfidare un governo osceno che ha gettato nella
lotta tutto il suo potere di minacce, promesse, favori, menzogne, ricatti,
intimidazioni, propaganda e prepotenze. In questo autunno della Repubblica, è
rinata un’Italia nuova e antica: nuova perché fatta di persone che non si
sottraggono alla responsabilità del vivere da cittadini; antica perché è
l’Italia che avevano sognato i migliori patrioti del Risorgimento e i migliori
antifascisti. Se sapremo organizzare e rafforzare questa Italia del No, senza
cedere alle lusinghe della pacificazione e senza dividerci per parrocchie, nel
malaugurato caso che vinca il Sì, faremo rimangiare a Renzi e ai renziani la
loro fetida riforma e faremo rinascere la nostra Repubblica.
Maurizio Viroli,
Il Fatto Quotidiano, 1 dicembre 2016
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