Giorgio Bocca lo chiamava “il Paese di Sottosopra”, ma era
un eufemismo. Questo è un manicomio, però gestito non dagli psichiatri, ma dai
matti. A Milano c’è un sindaco indagato per falso materiale e falso ideologico
sul principale appalto del principale grande evento degli ultimi anni: l’Expo
2015. Il sindaco si “autosospende” e si fa sostituire dal vicesindaco,
inventandosi un istituto giuridico che non esiste in natura e nell’ordinamento,
giustificato con un “impedimento temporaneo” anch’esso inventato visto che le
indagini non gli impediscono di esercitare le sue funzioni. Una penosa manfrina
per fare pressioni sulla Procura generale che ha osato riesumare l’inchiesta
sepolta dalla Procura ordinaria e riaperta dal gip. E tutti, compreso Salvini,
implorano Sala di restare al suo posto perché “Milano dev’essere governata”.
Intanto a Roma viene arrestato il capo del Personale del Comune per fatti
estranei e precedenti all’attuale amministrazione (una casa comprata nel 2013
con soldi del costruttore Scarpellini) e tutti chiedono le dimissioni della
sindaca Raggi che l’aveva nominato senza sapere – né poter sapere – nulla di
quel fatto, scoperto dalla Procura di Roma con intercettazioni e indagini
patrimoniali. Evidentemente “Roma non dev’essere governata”, o almeno non da
lei. Tra i più feroci censori della sindaca ci sono alcuni dei suoi compagni
(si fa per dire) di movimento, riuniti in permanenza per processarla in
contumacia (la presenza dell’“imputata” non è prevista), che pretendono, in
alternativa o in accumulo: la testa della Raggi, quella del vicesindaco
Frongia, quella del suo capo-segreteria Romeo. I quali non sono accusati né
indagati di nulla e non si sa bene di che debbano rispondere, a parte
dell’essersi fidati di un dirigente mai inquisito né sospettato di corruzione
fino all’altroieri. Infatti nessuno li convoca per ascoltare la loro versione
dei fatti, né propone nomi formidabili al posto loro. Poi c’è chi approfitta
del disastro romano per regolare i conti con Di Maio, invidiatissimo perché risulta
il più autorevole parlamentare M5S, e non per investitura divina, ma per la più
impietosa delle selezioni naturali: quella darwiniana.
L’espressione “caos Raggi”, rubrica fissa sui giornaloni e
sui tg Rai, Mediaset e Sky, riassume all’ingrosso e a senso unico un groviglio
di responsabilità: la drammatica difficoltà e la terribile impreparazione
manifestata dalla Raggi e dall’intero M5S nel trovare una classe dirigente
all’altezza per governare un Comune allo sfascio; e il totale inquinamento
della burocrazia capitolina, dove il più pulito ha la rogna.
Non avendo una squadra all’altezza sia per l’inadeguatezza
sua e del M5S, sia per la scarsa collaborazione della “società civile”, la
sindaca ha formato una giunta di esterni al M5S, cercando di valorizzare alcuni
pezzi di establishment per orientarsi in un palazzo infetto dalle fondamenta
con 23mila tra dipendenti e dirigenti (tra cui moltissimi indagati).
L’operazione è miseramente fallita, nonostante precauzioni più stringenti di
quelle adottate da qualunque altro sindaco: la richiesta, a chiunque si
candidasse a una nomina, non solo della fedina penale immacolata, ma
addirittura del certificato di nessuna indagine a carico; e il vaglio di
Cantone sulle nomine dello staff. Fu per questo che si scoprì che la nomina
della Raineri a capo di gabinetto era illegittima; che l’assessora Muraro era
sotto inchiesta per reati ambientali; che il Pg della Corte dei Conti De
Dominicis, neoassessore al Bilancio, era pure lui inquisito. Su Marra invece
nulla risultava, né sotto il profilo penale né sotto quello amministrativo,
salvo la questione tutta politica di aver collaborato con giunte precedenti,
come il 99% dei funzionari e dei dirigenti comunali, non soggetti allo spoils
system.
Quando un altro sindaco-marziano, Luigi De Magistris, si
insediò nel 2011 in un altro Comune disastrato, quello di Napoli, nominò 12
assessori e poi ne cambiò 11 in cinque anni (totale 23), prima di trovare la
quadra e la stabilità. Lo stesso Sala è stato costretto ad avvicendare vari
collaboratori indagati o non idonei. Questi sono i fatti, nudi e crudi. Anziché
invocare la testa di questo e quello, capi e capetti dei 5Stelle farebbero bene
a ragionare con loro, di testa, e non con le viscere. Partendo dall’unica
bussola che dovrebbe orientarli: le aspettative dei romani che sei mesi fa
hanno chiesto loro di governare la Capitale. Se la Raggi fosse stata beccata a
commettere reati o a tenere condotte indecenti, andrebbe sfiduciata. Ma non è
questo il caso. Quindi governi, se ne è capace. Poi verrà giudicata per quello
che avrà fatto. Certo, è bizzarro che il caso Marra provochi discussioni
infinite e appassionate in un movimento che passa per autoritario e
verticistico, mentre il caso Sala non suscita il minimo stormir di fronda in un
partito che si fa chiamare “democratico”, si vanta di discutere liberamente di
tutto e un anno fa sfiduciò davanti al notaio il sindaco Marino per uno
scandalo infinitamente meno grave. Nessuno pensa che Sala debba dimettersi
perché è iscritto nel registro degli indagati (anche se il suo partito, per lo
stesso motivo, ha chiesto per mesi le dimissioni della Muraro): se ne riparlerà
a fine indagine. Ma se, tra le 12 o 18 correnti del Pd, per non parlare della
stampa, non si leva una voce su un sindaco probabilmente ineleggibile e
sospettato di aver falsificato atti e truccato appalti, mentre sono tutti
impegnati a chiedere le dimissioni della Raggi, qualche riflessione sulla
diversità del M5S andrà fatta. I 5Stelle si impegnano allo spasimo per regalare
agli altri il comodo slogan “siete uguali a noi”. Ma gli altri ce la mettono
tutta per dimostrare che i 5Stelle sono diversi.
Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano, 18 dicembre 2016
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