Post-giornalismo

Cari lettori scandalizzati per i due pesi e due misure applicati dai media alla Raggi e agli altri sindaci e politici, rassegnatevi. Le cose non cambieranno, il Giornalista Italiano Medio è convinto che sia giusto così. Pare che il doppiopesismo venga ormai insegnato nelle migliori scuole di giornalismo.


Lezione 1: mai dire onestà.
Quando qualcuno prova a ragionare sulla disparità di trattamento riservata ai 5Stelle rispetto a tutti gli altri, si sente rispondere: per forza, i 5Stelle predicano onestà e gli altri no! Quindi, a parte il fatto che sinora nessuno è riuscito a dimostrare che Virginia Raggi o un altro sindaco a 5Stelle sia ladro o disonesto, cosa che non si può dire di altri sindaci di altri partiti, la regola è questa: se un politico vuole rubare indisturbato, al riparo dei titoli dei tg e dei giornali e lontano dagli occhi dei cittadini, non ha che da dichiararsi ladro fin dall’inizio. Così i giornalisti, quando sarà beccato a rubare, commenteranno: è coerente, ce l’aveva detto che avrebbe rubato. Consiglio a chi si candida a cariche pubbliche: esibire, anziché un’insidiosa fedina penale pulita, un bel certificato di pessima condotta ed evitare turpiloqui con parolacce tipo onestà, legalità, trasparenza: così, qualunque cosa facciano, nessuno ne saprà mai nulla.
Lezione 2: indagata a prescindere.
La Raggi viene denunciata dall’Anac alla Procura per un conflitto d’interessi non suo, ma del suo capo del Personale Raffaele Marra col fratello Renato. Curiosa denuncia, in un paese dove non si indaga neanche sui titolari dei conflitti d’interessi (sennò B. sarebbe ai lavori forzati), figurarsi sui terzi. Ma lasciamo andare. A inchiesta bizzarra, segue trattamento mediatico altrettanto bizzarro. La sindaca è trattata da indagata anche quando non lo è. La Repubblica titola: “La Raggi può essere indagata”. E l’Unità: “La Raggi presto indagata”. È indagata sia prima di esserlo, sia quando finalmente lo è. Lo è sempre, a prescindere.
Lezione 3: indagini per non aver commesso il fatto.
Purtroppo i sondaggi non risentono della notizia, anche perché non si capisce cos’abbia fatto la sindaca di male, avendo nominato a direttore del Turismo comunale chi voleva lei a norma di regolamento. Allora si punta tutto sulla polizza di Romeo, che con la nomina di Marra non c’entra nulla e di cui la sindaca dimostra di non aver mai saputo nulla. Venerdì, senza neppure sapere ciò che ha detto la sera prima la Raggi nelle 8 ore di interrogatorio finito a mezzanotte (a giornali chiusi), Repubblica esce con un editoriale dal titolo “La fatina e la menzogna”. Quale? Boh.
Svolgimento: l’interrogatorio è il “mesto déjà vu della Milano di Mani Pulite”: roba non di polizze e nomine, ma di tangenti. La sindaca è “inseguita dallo schianto dell’ennesimo, miserabile segreto, custodito dai ‘quattro amici al bar’”. Ecco: della polizza di Romeo sapevano anche gli altri tre della chat, Frongia, Marra e ovviamente la Raggi. E chi lo dice? Nessuno, cioè Repubblica. Romeo ha un “legame privato, privatissimo con la Raggi, in pieno conflitto d’interesse”. Chi lo dice? Nessuno, cioè Repubblica.
Lezione 4: la pista spunta.
“Quelle polizze – prosegue il giallista di Repubblica - potrebbero avere un’origine politica… una ‘fiche’ puntata su una delle anime del M5S romano, quella ‘nero fumo’”. Già perché Romeo sarebbe anche uno di “destra”, “peraltro nato a sinistra”. Perbacco. La prova? Ha confessato addirittura di aver “incontrato una volta Alemanno”, e forse non solo una: ora, che un funzionario comunale incontrasse una o più volte quello che per cinque anni fu il suo sindaco, è più che un indizio: è una prova. Ergo è un “figuro” seduto a “un tavolo di bari”. C’è poi “il rebus della provenienza dei fondi” delle polizze, “tesoretti segreti e ricatti”: ben 130 mila euro. “Soldi di chi?”. Ah saperlo. Ma il Messaggero lo sa: “Spunta la pista dei fondi elettorali”. Spunta dove? Perché? De che? Si sa come sono queste piste: spuntano. Infatti “la pista che porta alla compravendita di voti” spunta anche sul Corriere: “Romeo potrebbe aver agito per conto di altri… Il sospetto di finanziamenti occulti: M5S ha secretato tutti quelli sotto i 5mila euro”. E rispunta sul Messaggero: “Fondi coperti” (domiciliandoli sul suo conto in banca con tanto di firma: furbo lui), “L’ombra dei voti comprati” (da chi? come? chi lo dice?). “I pm a caccia dei contributi privati inferiori a 5mila euro e mai registrati” (la legge dei partiti esclude la registrazione sotto i 50 mila, ma per i 5Stelle non vale neanche sotto i 5mila). Su La Stampa invece spunta “l’accusa di corruzione”: è “vicina”, “potrebbe emergere”. L’unico luogo dove non spunta nulla è la Procura, che non contesta niente del genere né alla Raggi né a Romeo. Ma la pista spunta. Punto.
Lezione 5: zero tituli.
Venerdì mattina, mentre i lettori dei giornaloni si gustano il preannuncio dell’imminente arresto di Raggi e Romeo (cella matrimoniale, s’intende) per corruzione, finanziamento illecito e forse abigeato, la Procura fa sapere che il caso polizze “non costituisce fatto penalmente rilevante in quanto non emerge un’utilità corruttiva”. E la caccia dei pm ai fondi occulti e ai voti comprati? E la corruzione? E le piste che spuntavano? Niente, nisba, nada. Cazzo, stavolta i lettori potrebbero accorgersi delle balle che spuntano sui giornaloni. Che fare? Semplice: si fa sparire la nota dei pm, quella non spunta affatto. Non un titolo o un sommario sui siti e sui telegiornaloni. Idem ieri, nelle edicole: a parte il Corriere, gli altri giornaloni dedicano al caso polizze chi 5, chi 6, chi 7 pagine, ma non riescono a trovare un titolo per il comunicato dei pm che chiude il caso. Anzi, per il Messaggero “si aggrava l’accusa di falso” (abuso non pervenuto) e la Raggi va “verso il processo”. La stessa Raggi che fino al giorno prima, per il Messaggero & C, stava patteggiando.
Lezione 6: quando tocca agli altri.
Già, ci sono pure gli indagati dei partiti, di solito per fatti leggermente più gravi della nomina di un dirigente comunale. Ma il dizionario dei sinonimi è un catalogo di alternative più rassicuranti e confortevoli. Il ministro Lotti viene indagato col generale Del Sette e altri renziani con l’accusa di aver avvertito i vertici renziani di Consip sulle indagini e le cimici per neutralizzare l’inchiesta sulle presunte tangenti nel più grande appalto d’Europa. Corriere: “Lotti è balzato agli onori delle cronache, suo malgrado, per essere stato lambito da una vicenda giudiziaria, alla quale, peraltro, si è dichiarato totalmente estraneo. Dopo il colloquio con i magistrati è apparso assai più sollevato”. Ecco, lui – diversamente dalla Raggi - non è indagato: è lambito, un po’ balzato, comunque estraneo e rassicurato. Repubblica: “Il Giglio Magico teme l’assedio delle procure”, “un assedio mediatico-giudiziario agli amici di Renzi”, “un attacco in corso”, “un asse tra procure e giornali ostili al renzismo fin dall’inizio”. Diversamente dalla Raggi, Lotti non è banalmente indagato: lui è assediato e attaccato, e non perché l’ad di Consip lo accusa della fuga di notizie, ma perché è amico di Renzi e inviso a pm e giornali ostili. Ri-Corriere: “C’era una volta la giustizia a orologeria. E sembra che sia ancora”. Lo lambiscono, lo attaccano e lo assediano proprio ora che è ministro, povera stella. Lui si dibatte fra “stupore e amarezza”, a causa dei pm di Napoli che il Pd descrive “in cerca di pubblicità”. Siccome poi la notizia è vera, dunque l’ha data il Fatto, il Messaggero insinua che il nostro giornale “tiri fuori questa roba per coprire le nefandezze della Raggi”. Che non è ancora indagata, ma già fa “nefandezze”, mentre Lotti&C. lo sono, ma fanno opere di bene. A fine anno, il governo Gentiloni conferma tutti gli indagati, pardon i lambiti, ai loro posti. Viva soddisfazione di Sky Tg24: “C’era il dilemma di un credito da rinnovare, la proroga del comandante dei carabinieri Del Sette, attualmente indagato per abuso d’ufficio (falso: lo è per favoreggiamento e rivelazione di segreti d’indagine, ndr). Dilemma risolto: Del Sette è stato riconfermato”. Sospiro di sollievo. Del Sette è sì indagato, ma solo momentaneamente. Mica come la Raggi, che lo è in servizio permanente effettivo. Inquisita prima di esserlo e forse anche dopo. Tiè.
Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano, 5 febbraio 2017

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