Vigili e vigilesse


La Boschi disse: "non la voglio", e la Manzione da vigilessa a Firenze divenne prima "capo ufficio legislativo" (promossa da Renzi) poi, cacciata dalla Boschi, la vigilessa è promossa Giudice.



Lo so che siamo tutti concentrati sul vigile Renato Marra: ma facciamo uno sforzettino e andiamo sulla vigilessa. La Manzione fu promossa dal sindaco Renzi comandante dei Vigili di Firenze e poi dal premier Renzi nientemeno che capo dell’ufficio legislativo di Palazzo Chigi, al modico stipendio di 207.461 euro l’anno (forse il quadruplo del precedente), con i risultati ben noti: una raffica di leggi, scritte coi piedi e regolarmente fulminate da Consulta e Consiglio di Stato. Siccome però l’ex vigilessa pestava i piedi alla Boschi, Renzi la promosse-rimosse al Consiglio di Stato (quello che bocciava le sue leggi), aggirando il limite minimo di età previsto dalla legge (che sarà mai), e per giunta lasciandola come fuori ruolo a Palazzo Chigi.
Poi, con Gentiloni, la sottosegretaria Boschi le ha subito dato gli otto giorni, per sistemare al suo posto il fedelissimo Roberto Cerreto, laureato in Filosofia. Ora immaginate se questa giostra indiana a spese nostre portasse la firma della Raggi: scandalo, familismo, caos, bufera, rivolta, vergogna, omertà-omertà! Bad news.
Invece porta il sigillo della Madonna di Laterina. Good news. Sentite La Stampa com’è felice: “Boschi vince la guerra tra donne: Manzione lascia Palazzo Chigi” e “prenderà servizio come giudice al Consiglio di Stato con funzione consultiva”, sostituita dal “quarantenne Cerreto, generalmente considerato preparato e brillante”. Non è meraviglioso? È vero che, “secondo taluni puristi, Manzione difetta dei requisiti per curriculum e anzianità”. Ma che saranno mai taluni puristi di fronte al “capolavoro della Boschi”: fanculo i taluni, e pure i puristi. La vigilessa che scriveva le leggi diventa giudice in barba alla legge per far posto al giovane filosofo preparato e brillante.
Poi volti pagina e ti ritrovi in pieno “caos Raggi”: fine della meritocrazia, niente più capolavori.
Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano, 7 febbraio 2017

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