Tutti noi, almeno una volta nella vita, vorremmo essere Matteo Salvini. Anche solo per partecipare alla gara di rutti annuale con Borghezio e Calderoli. Come noto, Salvini è quasi sempre in tivù. Giustamente: sa usare il mezzo, fa buoni ascolti e, a differenza di tanti politici (su tutti i renziani), non pone veti sulla presenza di questo o quel giornalista. In più è mediamente simpatico: certo, lo è fuori onda, ma talora pure in onda. Ha poi quell’aria trasognata da “Davvero c’è qualcuno che crede alle boiate che dico?”, che effettivamente lo aiuta. A ciò si aggiungano alcune battaglie meritorie (esodati) e un mero dato di fatto: Salvini è tra i pochi leghisti a poter andare in tivù. Gli altri, tranne Fedriga e Borghi, combinano disastri. Si pensi alle recenti performance di Centinaio e Candiani a Tagadà. Per essere Salvini non bisogna però essere bravi politici, bensì imparare il copione ferreo che il leader leghista interpreta ogni volta. Più che un politico, Salvini è infatti un format. Per essere come lui, occorre rispettare vari mantra e liturgie. Queste.
1) “La moltiplicazione dei ‘Detto questo’”. Salvini ripete “Detto questo” continuamente. Rientra nella sua maniera di cominciare ogni discorso fingendo di dare ragione all’interlocutore: esaurita tale finzione, spara il sempiterno “Detto questo” e sciorina le solite mitragliate propagandistiche. Secondo l’Università del Michigan, ci sono più “detto questo” nell’eloquio di Salvini che voltafaccia nella vita di Andrea Romano.
2) “Adattarsi al contesto”. Salvini è in questo bravissimo. Se va dalla Gruber fa il bimbo compito, che si è tolto le calosce sporche di fango e cammina per casa con le pattine per non sporcare. Se invece va da Porro a Belpietro, parcheggia la mucca fuori dallo studio. Si scozza il pacco con aria virile. E adotta un lessico fieramente trucido.
3) “Dar ragione per finta”. E’ una tattica usata anche dai pochi renziani preparati (ossimoro). Tipo Richetti. Se Salvini ascolta un giornalista poco accomodante, dice: “Sono d’accordo”. E’ la sua maniera di sembrare democratico. Ovviamente, in cuor suo, sogna di passargli sopra con la ruspa. Modulando il Va’ pensiero con le ascelle, come quel tale alla Corrida.
4) “Look identitario”. Salvini è uomo del popolo e si veste come tale. Se è stato in montagna indossa i moon boot, se è stato al mare viene in infradito, se è stato a Ciggiano indossa la t-shirt “Ciggiano libera!”. E’ fatto così.
5) “Ridere a caso”. Ogni tanto Salvini accenna dei risolini. Lo fa quando qualcuno ha fatto una battuta, ma anche quando non capisce quello che stanno dicendo. E allora ridacchia per vedere l’effetto che fa, come gli stranieri quando chiedono a un londinese le indicazioni stradali. E non ci capiscono una mazza.
6). “Hasta tablet siempre”. Salvini compulsa sempre il tablet: serve per dare al pubblico l’illusione che si stia documentando su argomenti decisivi. In realtà sta solo cercando di capire se Donnarumma ha firmato o no col Real Madrid.
7) “Bello questo servizio, ma…”. Ogni volta che ha appena visto un servizio in cui si perorano tesi a lui avverse, Salvini fa i complimenti alla trasmissione. Poi però aggiunge: “Ma”. A quel punto cambia totalmente argomento. E del servizio non si ricorda più nessuno.
8) “Autocritica apparente”. Prima o poi, ancor più se in contesti per lui “radical chic”, Salvini butterà lì uno dei suoi tanti classici: “Abbiamo sbagliato? Certo”. Serve a sembrare autocritico. Detto questo (cit), riparte come nulla fosse alla conquista dell’Eritrea.
9) “Numeri ad minchiam”. Come quasi tutti i politici, Salvini ama snocciolare cifre e dati d’effetto. Ovviamente non c’entrano quasi mai nulla col dibattito. Le sue fonti sono però granitiche: Dragonero, Nonciclopedia e Silver Surfer.
10) “Auguri”. Per ingraziarsi il pubblico, Salvini fa sempre gli auguri a qualcuno. Per esempio: “Auguri agli studenti che domani avranno gli esami di Stato. Godetevela, è un tempo della vita che non tornerà”. Da ciò si evince che il modello Salvini è munito anche della funzione “Leopardi esistenzialista mode on”.
10 e lode) “Stamani sono stato a…”. La vita di Salvini è frenetica. Ogni giorno va da qualche parte (tranne a Bruxelles). Ci va e te lo dice. Gli chiedono cosa pensi della legge elettorale, di Farinetti al Quirinale o dello Ius Soli. E lui: “Prima di tutto vorrei salutare l’Associazione Carpentieri Albini di Pontenure che ho visitato stamani. Mi hanno insegnato tanto”. Ogni volta cita luoghi lisergici: la Confraternita dello Zolfino Arzillo, la Polisportiva Polenta Taragna Federalista, la Comunità del Frassino Scampato a Badoglio. A volte esistono e a volte no, ma non importa: la realtà è sopravvalutata. E nessuno lo sa come Salvini.
(Essendo un furbacchione, Salvini apprezzerà – o fingerà di apprezzare - anche questo articolo)
Andrea Scanzi, Il Fatto Quotidiano, 24 giugno 2017
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