Lo Ius è solo


Dopo il referendum della disfatta renziana, ci eravamo permessi di dare ragione a Matteo nostro e ai pochi altri che chiedevano le elezioni anticipate. Non perché cambi granché, nei numeri, votando in autunno anziché in primavera. Ma perché più di un anno di campagna elettorale non ce lo possiamo permettere, con il governo ed i partiti che pensano ciascuno agli affari propri, anziché ai nostri e, pur di arraffare qualche voto, sarebbero capaci di tutto, essendo per giunta dei buoni a nulla.
Invece per il terrore che “vincano gli altri”, si è preferito imbalsamare il sistema per un altro anno, come se il tanto temuto redde rationem prima o poi non arrivasse comunque. E ora ne paghiamo (noi, non il governo o i partiti) le conseguenze. Il governo è troppo debole per risolvere qualche problema vero, ma non abbastanza per tirare le cuoia. Dunque tira andreottianamente a campare, grazie anche alle dosi industriali di narcotico dispensate dall’altro noto anestesista che siede al Quirinale. Il risultato è che ogni giorno il Pd partorisce un’ideona per attestare la propria esistenza in vita, un’arma di distrazione di massa per distogliere l’attenzione della gente dalle vere questioni nazionali, o per scongiurare nuove fughe di massa degli elettori verso i 5 Stelle, la Lega e Fd’I (uniche forze in salute, almeno nei sondaggi).

Oggi la legge sulla licenza di uccidere i ladri, ma solo nelle ore notturne, per buttarsi un po’ a destra. Domani quella per vietare un’altra volta (la terza) la propaganda fascista, come se riavessimo il Duce alle porte, per buttarsi un po’ a sinistra. Intanto assistiamo alle esibizioni muscolari sull’immigrazione del povero Minniti, preso a porte e soprattutto a porti in faccia dai partner europei, felici di sventolare gli accordi firmati scriteriatamente a nostra insaputa dai fratelli De Rege Matteo& Angelino, per buttarsi un po’ a destra e un po’ sui 5Stelle.
Intanto tutto ciò che fa perdere voti viene rinviato alla settimana dei tre giovedì: dai tagli agli sprechi e alle poltrone, alla lotta alla corruzione e all’evasione. E ogni tanto si pesca dal mazzo una legge rimasta a metà. Vedi Ius soli. Perché Renzi, dopo quasi due anni di letargo dal passaggio alla Camera, l’ha riesumato proprio in extremis? Perché, se fosse passata, se ne sarebbe preso il merito, smentendo chi lo accusa di destrismo e accaparrandosi i voti di centinaia di migliaia di neocittadini riconoscenti; se non fosse passata, avrebbe incolpato gli alleati centristi e alle opposizioni, e comunque avrebbe visto cadere l’odiato governo Gentiloni, agguantando le agognate elezioni d’autunno-inverno.

Cioè prima del periglioso voto in Sicilia e della manovra lacrime&sangue. Mattarella e Gentiloni, tutto meno che fessi, hanno disinnescato la bomba e rinviato lo Ius soli a settembre (cioè a mai). E, diciamolo, è meglio così. Sia perché la Lega ci avrebbe imbastito tutta la campagna elettorale, con tanto di gazebo in piazza per raccogliere firme sul referendum abrogativo. Sia perché la legge così non va. Il principio che la ispira è sacrosanto: chi nasce in Italia da genitori stranieri e qui risiede, studia e lavora, è italiano. Ma il testo, scritto prima che l’Europa fosse investita da continui attentati jihadisti e dall’aumento esponenziale degli sbarchi di migranti, è molto opinabile. Andrebbe emendato, forse riscritto daccapo, alla luce delle nuove esigenze imposte dall’attualità. E nessuna urgenza giustifica la fretta di approvarla così com’è uscita dalla Camera. Già oggi, dal 1992, i figli di immigrati diventano italiani al 18° anno di età. Ora si tratta di estendere quel diritto ai minorenni, che peraltro già godono degli stessi diritti scolastici, sanitari e ricreativi degli italiani. E in tutto l’Occidente le regole di accesso alla cittadinanza (a parte gli Usa, unico grande stato a riconoscere il pieno ius soli a chiunque nasca in loco) sono più rigorose di quelle previste dalla legge in cantiere. Nel Regno Unito bisogna avere un genitore cittadino britannico o col permesso di soggiorno illimitato, o aver risieduto lì nei primi 10 anni di vita. In Francia e in Spagna occorre almeno un genitore nato lì (o, per la Francia, risiedere per 5 anni e aspettare i 18). In Germania la cittadinanza è automatica se il genitore abita lì regolarmente da almeno 8 anni e se il figlio sa il tedesco. L’Olanda fa più o meno come oggi l’Italia.

Cosa prevede, invece, la nuova legge italiana? Due “ius”.
1) Lo “ius soli” trasformerà automaticamente in cittadino italiano il minorenne nato in Italia da almeno un genitore comunitario (dunque munito di permesso di soggiorno permanente) o da un extracomunitario (dunque munito di permesso di soggiorno di 5 anni).
2) Lo “ius culturae” garantirà la cittadinanza a tutti i minori di 12 anni nati all’estero, purché abbiano completato un ciclo di studi, cioè i 5 anni di scuola elementare. Così diverrebbero subito italiani oltre 800mila figli di immigrati, di cui un quinto nati all’estero. Che poi aumenterebbero di 60mila l’anno. Senza un serio ripensamento per stringere le maglie, soprattutto per i nati fuori (che non basta la scuola elementare a trasformare in cittadini), con un sistema graduale e premiale (il diritto alla cittadinanza va dimostrato e meritato), si rischia di incentivare l’immigrazione clandestina in attesa della solita sanatoria, e soprattutto di vanificare uno degli strumenti più efficaci contro la propaganda jihadista che non sconfina nel Codice penale: le espulsioni amministrative degli indesiderati (175 nell’ultimo biennio), ovviamente impossibili per i cittadini italiani.
Questi partiti sono capaci di un volo così alto in piena campagna elettorale? Figuriamoci: né oggi, né men che mai a settembre. E allora tanto vale aspettare la prossima legislatura. Peggio di questa non potrà essere, almeno si spera.

Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano, 18.07.2017

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