Alla fine lo scacco matto lo ha fatto Mosca con l’ex vicepremier Dvorkovich eletto
di ROSALBA CASTELLETTI
Alla fine lo scacco matto lo ha fatto la Russia. Dopo una
lunga partita a tre all’ultima mossa, Mosca è riuscita ad assicurare il suo ex
vice primo ministro Arkadij Dvorkovich al vertice della Federazione
internazionale degli scacchi (Fide). La corona degli scacchi ha cambiato testa,
ma non Paese: Dvorkovich succede all’eccentrico miliardario russo Kirsan
Iliumzhinov, in carica dal 1995. Pur di non perdere lo scettro il Cremlino non
ha esitato a muovere pedoni e alfieri in una campagna elettorale disseminata di
ricorsi, accuse di scambi di voti ed interferenze politiche.
Erano tre i candidati in corsa alle elezioni che si sono
tenute ieri a Batumi, in Georgia: il greco Georgios Makropoulos, 65 anni,
attuale vicepresidente della Fide, e il Gran maestro britannico Nigel Short, 53
anni, oltre al protégé del Cremlino, il 46enne Dvorkovich.
Presentandosi all’Assemblea generale che riunisce 188
Federazioni di tutto il mondo, Dvorkovich ha promesso di costruire
«un’istituzione professionale, efficiente e trasparente». Poi è stata la volta
di Short. Prima le dichiarazioni di rito, poi il colpo di scena: il ritiro
della sua candidatura e il sostegno a Dvorkovich. Divise dal caso dell’ex spia
Skripal avvelenata lo scorso marzo a Salisbury, Londra e Mosca si sono così
trovate dallo stesso lato della scacchiera. A questo punto, il greco ha avuto
poco margine: ad Arkadij sono andati 103 voti contro 78.
Che Short e Dvorkovich avessero stretto un patto era
diventato chiaro già quando, un mese fa, il Gran maestro aveva pubblicato su
Twitter una loro foto in un esclusivo club londinese. Non è stata la sola mossa
a sorpresa.
Secondo Adrian Siegel, tesoriere della Fide, almeno una
trentina di federazioni scacchistiche sarebbero state contattate da diplomatici
russi. Quest’estate funzionari africani avevano assistito grazie a biglietti
omaggio ai Mondiali di calcio in Russia del cui comitato organizzativo era,
guarda caso, presidente Dvorkovich. Diverse federazioni latino-americane
avevano invece ricevuto lettere dall’ambasciata russa. E Vladimir Putin in
persona sarebbe intervenuto per ingraziarsi il favore d’Israele.
Stando a un’email in ebraico di Pnina El-al, alta
funzionaria del ministero degli Esteri israeliano, visionata anche
da Repubblica, ricevendo il primo ministro Benjamin Netanyahu al
Cremlino lo scorso luglio, gli avrebbe chiesto di sostenere la candidatura
russa in cambio della promessa di tenere «il prossimo campionato» di scacchi in
Israele.
Non è la prima volta che scacchi e politica s’intrecciano
all’ombra del Cremlino. Quando nel 1972, in piena Guerra fredda, Bobby Fischer
batté il campione del mondo in carica sovietico Boris Spasskij, non si trattò
solo di una sfida sportiva, ma soprattutto politica tra i due blocchi del
mondo. Ora, con Dvorkovich nuovo Re degli scacchi, la Russia vuole riguadagnare
il prestigio perso durante il regno ventennale di Iliumzhinov. L’ex presidente
della Calmucchia non solo aveva raccontato più volte di essere stato
rapito da alieni in tute spaziali gialle e di essere alla sua «69ma vita
reincarnata», ma era stato sanzionato dagli Usa per i suoi legami con il
siriano Assad portando al congelamento dei conti della Federazione. Perciò era
stato costretto alle dimissioni lo scorso luglio. Dvorkovich ha dalla sua
credenziali politiche e scacchistiche. Vice premier con delega alla
Cooperazione economica per sei anni e figlio di un arbitro internazionale
degli scacchi nonché membro del Consiglio di sorveglianza della Fide, ha
promesso di ridare lustro alla Federazione. Prossima mossa: ottenere lo
scongelamento dei conti. Del resto, recita una popolare massima, la Fide è come la Fifa , bisogna solo togliere
qualche zero.
La repubblica, 4 ottobre 2018
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