Il lupo Agnelli e la dea di Nottingham


Dunque, l’ultima dal fronte- pallone è che Andrea Agnelli, presidente della Juventus e presidente dell’Eca (European Club Association), in occasione del “F.T. Business of Football Summit” tenutosi a Londra giovedì ha chiesto, nell’ufficialità del suo intervento, se sia giusto che l’Atalanta, essendo solo l’Atalanta, abbia potuto partecipare alla Champions 2019- 2020; nella quale, detto en passant, ha buone speranze di restare in lizza tra le migliori otto d’Europa se a Valencia non dilapiderà il 4-1 di San Siro (la Juventus affronterà invece il Lione partendo da 0-1).
“Ho grande rispetto per quello che sta facendo l’Atalanta – ha detto Agnelli –, ma senza storia internazionale e con una grande prestazione sportiva ha avuto accesso diretto alla massima competizione europea per club. È giusto? È giusto che solo perché sei in un grande Paese devi avere accesso automatico alle competizioni?”. Nemmeno il tempo di darsi un pizzicotto per accertarsi di aver capito bene ed ecco Agnelli togliere ogni dubbio all’ud itor io: “Penso alla Roma – ha proseguito – che negli ultimi anni ha contribuito a mantenere il ranking dell’Italia, ma poi ha avuto una brutta stagione ed è fuori, con tutto quel che ne consegue a livello economico. Bisogna proteggere gli investimenti e i costi”.
Traducendo: secondo Agnelli, sul palcoscenico della più grande competizione europea dovrebbero approdare solo i club ricchi e famosi, quelli che dal 1955-56 hanno contribuito a fare grande la Coppa dei Campioni, oggi Champions League. Fosse per lui, Agnelli cancellerebbe il Nottingham Forest dall’Albo d’Oro del torneo, anche se il club inglese vi figura sullo stesso piano della Juventus (due vittorie) e senza l’onta di sconfitte in finale (che per i bianconeri ammontano a sette). Il Nottingham, per chi non lo sapesse, riuscì nell’ impresa di vincere due Coppe dei Campioni prendendo parte a solo tre edizioni, 1979, 1980 e 1981; poi scomparve dalle mappe dei club che contano e oggi gioca in Championship, la serie B inglese, dov’è quarta come uno Spezia o un Cittadella qualsiasi.
Nonostante ciò, per chi ama il calcio, il Nottingham allenato da Brian Clough, il Nottingham di Peter Shilton e Trevor Francis, di Birtles e Woodcock, di Lloyd e Anderson, è stato un sogno a occhi aperti, poesia pura; e tale è ancora oggi nel ricordo di tutti, oggetto d’amore; e guarda caso in una delle due finali vinte ( Madrid, 1980) sconfisse l’Amburgo di Magath e Kaltz, quello stesso Amburgo che tre anni dopo (Atene, 1983) fece bellamente colare a picco la Juventus stellare di Boniek e Platini, Paolo Rossi e Bettega, Zoff e Scirea, Tardelli e Gentile. Mai sentito parlare di Davide contro Golia?
Agnelli pensa che non sia giusto che l’Atalanta, la provinciale, plebea Atalanta, prenda parte alla Champions League. Non capisce che a differenza delle sue ricche e tristi Juventus targate Allegri e Sarri, l’Atalanta di Gasperini sarà ricordata da tutti per la bellezza e l’incanto portati nel torneo. Non sa, soprattutto, che chi ama il calcio s’innamora di tutto ciò che somiglia a Nottingham, Contea di Sherwood, la terra di Robin Hood, quello che rubava ai ricchi per dare ai poveri. Ecco, Agnelli è un Robin Hood al contrario: uno che ruberebbe ai poveri per dare ai ricchi. Per dirla alla Ramazzotti: più brutta cosa non c’è, più brutta cosa di te.

Il Fatto Quotidiano, 7 Marzo 2020 di PAOLO ZILIANI

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