Caro direttore,
era dal 2017 che lo proponevo in diversi articoli, questo Ministero della transizione ecologica. Ma è stato solo nel febbraio scorso che, grazie a una congiuntura politica straordinaria, sono riuscito ad ottenerlo, complice Beppe Grillo. È anche per questo motivo che voglio dire qualcosa sull’opera del Ministro che siede sulla poltrona che ho contribuito ad allestire. Intendo qui parlare del suo profilo scientifico e della sua opera, non della persona, alla quale tributo il massimo rispetto.
Appena conosciuto il nome del Ministro, mi sono informato su di lui in Internet. «Sei sicuro che non ci sia uno scambio di nomi?» ho chiesto a un amico informato. «No, è proprio lui» mi ha risposto. «Non ci posso credere. Il profilo scientifico e professionale del Ministro sembra prestigioso ma in campi che non c’entrano con l’ecologia (per esempio la robotica). Nominare un tale Ministro è come mettere un costruttore di locomotive a dirigere il giardino di Boboli». «Ma no, vedrai, si sta organizzando», mi dice l’amico. In sei mesi il Ministro si è organizzato.
E in sei mesi ho visto e udito:
Un Pianeta progettato per 3 miliardi di persone. Per esempio, ha detto il Ministro: «C’è un problema di sostenibilità di un ecosistema che è quello del pianeta progettato per 3 miliardi di persone». Progettato? E chi lo avrebbe progettato? Perché tre miliardi e non uno o dodici? «... tre miliardi di persone...». Quali persone? Africani o Nordamericani, che consumano dieci volte più degli Africani? Eppure è semplice: sulla Terra c’è posto per tante persone se consumano poco, e per poche persone se consumano tanto. Il concetto è espresso dalla cosiddetta regola Ipat: l’Impatto ecologico è dato dalla grandezza della Popolazione, moltiplicata per il consumo materiale (Affluence), moltiplicata per il tipo di Tecnologia. È per questo che le stime scientifiche del numero di abitanti che possono vivere sulle Terra vanno da un miliardo a mille miliardi. Dire quindi che «il pianeta è progettato per tre miliardi di persone» è piuttosto imbarazzante. Forse sarebbe meglio che il Ministro contasse i robot, invece degli abitanti della Terra.
Transizione ecologica, bagni di sangue, morti di fame e famiglie sul lastrico. Un’altra frase stravagante del Ministro è quella che è associa alla transizione ecologica, al rischio di «un bagno di sangue», un’espressione che all’estero non ho mai sentito usare nemmeno dai nemici più feroci della transizione. Se il Ministro vuole alludere alla riqualificazione della mano d’opera, non potrebbe usare un’espressione meno funesta? Non migliore è la sua frase «morire di ambiente o morire di fame», una formula poco comprensibile, ma che comunque evoca la morte e la fame. Allegria!
Il Ministro parla ancora a tinte fosche: «Non si può ridurre la CO2 chiudendo da domani le fabbriche di auto e mettendo sul lastrico milioni di famiglie». «Chiudendo da domani»? «Milioni di famiglie sul lastrico»? Conoscete paesi in transizione ecologica dove ciò è avvenuto? Quale voglia di transizione avranno i cittadini se ne sentono parlare in modo così sinistro?
Da secoli la riqualificazione dei lavoratori nelle grandi transizioni industriali è sicuramente un problema. Ma la riconversione ecologica richiede in buona parte attività ad alta intensità di manodopera, più pulite e meno faticose rispetto a quelle dei settori che diventano obsoleti. Si tratta quindi di ben preparare la riqualificazione, non di temere la transizione.
L’idrogeno. Quale idrogeno? Un altro argomento caro al Ministro è l’idrogeno, sul quale però egli genera confusione nominando insieme l’idrogeno delle stelle, l’idrogeno della fusione, l’idrogeno verde e l’idrogeno blu. L’idrogeno delle stelle lo mettiamo da parte perché non possiamo influenzarle. L’idrogeno della fusione anche. Infatti chi se ne intende non esclude un eventuale successo dei primi esperimenti dopo il 2050 e un’eventuale produzione di energia molti decenni dopo. L’idrogeno (verde o blu) poi, non è un’energia primaria, ma solo un vettore, che va sintetizzato consumando energia. La confusione sull’idrogeno ha diffuso nei media e nella popolazione la convinzione che l’idrogeno sia "l’energia del futuro". Evocando spesso la chimera della fusione, inoltre, il Ministro contribuisce a farci attendere le soluzioni energetiche da un deus ex machina, invece di applicare le tante eco-tecnologie mature che già abbiamo.
Elettricità atomica. Altri paesi l’abbandonano, il Ministro vorrebbe resuscitarla. Infine, ulteriore confusione è seminata dal Ministro quando avanza l’ipotesi di tornare all’energia atomica, come negli anni ’70, con fantomatici reattori atomici «di nuova generazione» che «sarebbe da folli non considerare». Svizzera e Germania hanno deciso di spegnere gradualmente i reattori. L’Austria non ne ha mai costruiti. Il Ministro, invece, ipotizza di costruirne di nuovi. Forse non sa che l’elettricità atomica costa sempre di più, mentre quella da energie rinnovabili costa sempre di meno e che la seconda ha già messo fuori mercato la prima in tanti casi.
All’estero i protagonisti della transizione sono i cittadini. Tutt’altra è la situazione della transizione ecologica in Francia, Svizzera, Austria, Germania e altre nazioni. In questi paesi, infatti, viene coltivata con successo un’immagine positiva, gioiosa, costruttiva e soprattutto partecipativa della transizione ecologica. Proprio per questo la transizione vede l’adesione attiva di decine di milioni di cittadini, spesso con iniziative e manifestazioni di base nelle scuole, nei quartieri e nelle città, con la partecipazione delle amministrazioni comunali e con i loro finanziamenti. Per riuscire, la transizione deve essere quella dei cittadini, non solo dei tecnocrati e degli eco-ingegneri. La riduzione consapevole dell’uso di energia è infatti nelle mani dei primi, non dei secondi. L’energia più ecologica è quella che non viene prodotta. L’immagine positiva della transizione proviene in parte dal basso ma in parte anche dalle "Agenzie per la transizione ecologica" create dai ministeri con bilanci di centinaia di milioni di euro. Ecco un investimento che sicuramente meriterebbe una quota del Piano di Rinascita.
Un miglior Ministro della transizione ecologica. Siamo sicuri che – con tutto il rispetto – non ci siano persone più qualificate per fare il Ministro della transizione ecologica? In Francia, per esempio, l’inventore del Ministero della transizione ecologica e solidale e suo primo ministro è stato Nicolas Hulot, un personaggio televisivo carismatico, autorevole e popolarissimo, apprezzato per il suo impegno ecologista e per le sue competenze ecologiche e corteggiato politicamente da quattro presidenti della Repubblica. Si può davvero credere che uno sconosciuto esperto di robotica e ignaro di ecologia, come il nostro Ministro, potrebbe avere altrettanta presa sulla popolazione?
Infine, il Ministro sembra sottovalutare ancora una volta la portata di ciò che dice, quando impreca contro «ambientalisti radical chic, oltranzisti, ideologici, che sono peggio della catastrofe climatica». Nella scienza ognuno può sostenere o contraddire gli argomenti di ognuno, ma con rispetto. Chi invece passa all’insulto, abbandona la comunità di cui pretende di far parte. E forse è meglio così.
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