"Chiudete gli inceneritori!" Firmato: Unione Europea


ALTRO CHE BRUCIARE RIFIUTI, L'UE CI CHIEDE DI CHIUDERE ANCHE I TERMOVALORIZZATORI

Il Fatto Quotidiano, 3 maggio 2022, di Gianfranco Amendola
“Modello Copenaghen”? Gualtieri vuole a Roma un inceneritore simile
“Entro due mesi, prima di Natale, restituiremo ai romani una città pulita”, aveva promesso il sindaco Gualtieri. Sono passati sei mesi, è passata Pasqua, ma Roma è sporca come prima e i romani iniziano a protestare. Ed ecco il colpo di genio: “Faremo finalmente un termovalorizzatore per chiudere il ciclo dei rifiuti di Roma”. Applausi scroscianti per l’eroico sindaco e per questa “storica” decisione. Ma è l’opzione giusta? Di certo, se guardiamo alla Ue, non in questi termini: esiste una precisa e vincolante “gerarchia dei rifiuti” elaborata dalla Unione europea con “l’obiettivo principale di stabilire un ordine di priorità che riduca al minimo gli effetti nocivi sull’ambiente e ottimizzi l’efficienza delle risorse nella prevenzione e nella gestione dei rifiuti”. Dove – sia chiaro – gerarchia non significa che si può scegliere tra le varie opzioni ma che, invece, vi è l’obbligo di seguire, nell’ordine, la precisa scala di priorità indicata. La prima cosa da fare è prevenire e ridurre la produzione dei rifiuti: adottare, cioè, misure che limitano l’uso di prodotti destinati a diventare rifiuto (il miglior rifiuto è quello che non viene prodotto). Al secondo posto, per quello che non si può prevenire, troviamo riutilizzo e riciclaggio (non provocano alcuna alterazione ambientale). Al terzo, troviamo i termovalorizzatori e all’ultimo lo smaltimento “bruto” nell’ambiente in discariche e inceneritori senza recupero di energia.
Quindi, il termovalorizzatore è ammesso solo per i rifiuti che non si possono evitare e non si possono riutilizzare o riciclare. Esattamente quello che non avviene a Roma, dove l’opzione principale (prevenzione) è inesistente; e riutilizzo e riciclaggio sono gravemente carenti a causa dell’assenza di una efficiente raccolta differenziata (preferibilmente porta a porta), nonché di impianti idonei per riciclo e riutilizzo; tenendo conto, peraltro, che le cifre ufficiali della raccolta differenziata non coincidono affatto con quelle del riciclo effettivo, visto che la pessima qualità della nostra raccolta finisce, poi, per mandarne buona parte direttamente a smaltimento. E dove primeggia, invece, l’ultima opzione, quella della discarica, oppure, in violazione del principio comunitario di prossimità (e con qualche dubbio cambio di codice), i nostri rifiuti vengono inviati in altre Regioni o, peggio, all’estero: con costi elevatissimi e rischi notevoli per l’ambiente.
In questa situazione, quindi, se un termovalorizzatore è certamente un male minore della discarica (che inquina otto volte di più), è anche vero che così ci poniamo al di fuori della legalità comunitaria in quanto saltiamo le due principali priorità; non a caso, per l’ue l’incenerimento dei rifiuti, senza prevenzione e riciclo, non è comunque una tecnologia sostenibile che contrasta i cambiamenti climatici e la transizione ecologica; anzi, arreca un danno significativo all’ambiente e non favorisce l’economia circolare in quanto scoraggia prevenzione e riciclo; tanto è vero che viene esclusa dai finanziamenti Ue e, secondo la Commissione europea, occorre procedere alla graduale dismissione dei termovalorizzatori esistenti.
Un’ultima osservazione. Per fare questo termovalorizzatore ci vorranno anni e, comunque, dopo tanta inerzia, non basta una tale promessa per garantire la pulizia della città. Ci vuole, da subito, una drastica inversione di tendenza e di cultura dei nostri governanti e delle strutture preposte alla pulizia della città, con il coinvolgimento dei cittadini. Questa sì, sarebbe una svolta “storica”.

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